Le motivazioni che si possono ricondurre a un’assenza del lavoratore dopo il periodo di ferie sono sostanzialmente due: l’insorgere di un evento di malattia durante l’assenza del lavoratore che prosegue anche al termine del periodo di ferie o, in alternativa, si potrebbe registrare una prosecuzione non autorizzata delle ferie precedentemente concesse. Se il lavoratore si ammala successivamente l’inizio del periodo di ferie, queste vengono tendenzialmente sospese e riconvertite in assenza per malattia, ma solo nel caso in cui la patologia contratta non permetta il recupero psicofisico. È il medico di base a definire se emettere o meno il certificato medico, tenuto conto della possibilità (o meno) di ristoro psicofisico del lavoratore durante lo stato di malattia. Per tutelare il suo accesso alla malattia sospensiva delle ferie, il lavoratore deve comunicare tempestivamente al datore di lavoro lo stato di malattia (con le modalità e i tempi previsti dal contratto collettivo nazionale o aziendale) e inviare il numero di protocollo del certificato medico attestante lo stato di malattia entro 48 ore dall’inizio dell’assenza. Il datore di lavoro, in ogni caso, può provare attraverso i previsti controlli sanitaria se la malattia compromette o meno il recupero psicofisico dato dalle ferie. Inoltre, nel rispetto delle modalità di fruizione dei congedi per malattia del figlio previsti dalla normativa, in caso di ricovero ospedaliero del figlio, il genitore può chiedere la sospensione del periodo di ferie. Una condizione alternativa allo stato di malattia si configura nel caso in cui il lavoratore prosegua, in maniera arbitraria e non autorizzata, il periodo di ferie. In questo caso, qualora il dipendente non dia comunicazione tempestiva della sua assenza e non produca idonea documentazione giustificativa, il datore di lavoro ha la possibilità di contestare il comportamento, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 7, della legge 300/1970 e di quelle contenute nel contratto collettivo applicato: il mancato rientro dalle ferie, infatti, è sanzionato come assenza ingiustificata dalla maggior parte dei contratti collettivi. Tuttavia la sanzione disciplinare può essere applicata solo al termine del procedimento disciplinare, che prevede la contestazione del comportamento e la ricezione delle giustificazioni del lavoratore entro i termini previsti dalla contrattazione collettiva. Le procedure sanzionatorie per mancato rientro dalle ferie possono essere personalizzate e standardizzate in apposito contratto aziendale e possono tenere in considerazione dei periodi minimi di assenza che comportano la sanzione pari al licenziamento disciplinare. Qualora l’assenza priva di giustificazione sia caratterizzata da una durata superiore ai 60 giorni e la mansione del lavoratore sia sottoposta a sorveglianza sanitaria, la ripresa in servizio (qualora il datore di lavoro abbia deciso di non optare per il licenziamento) sarà subordinata alla visita medica per attestare l’idoneità alla mansione, così come disposto dall’articolo 42 del Dlgs 81/2008. La disciplina delle ferie trova la sua regolamentazione nella legge e nella contrattazione collettiva, con particolare rimando all’articolo 36, comma 3, della Costituzione, in base al quale il lavoratore «ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi»: il diritto alle ferie si configura, quindi, come irrinunciabile per il lavoratore. In relazione alle disposizioni del Codice civile, invece, l’articolo 2109 dispone che il lavoratore «ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie». Da qui le successive previsioni dell’articolo 10 del Dlgs 66/2003, secondo cui «fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva…, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro». Anche il ministero del Lavoro è intervenuto sul tema, mediante la pubblicazione della circolare 8/2005, evidenziando che «si possono distinguere 3 periodi di ferie. Un primo periodo, di almeno due settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell’anno di maturazione, su richiesta del lavoratore. La richiesta del lavoratore dovrà essere inquadrata nel rispetto dei principi dell’articolo 2109 del Codice civile. Pertanto, anche in assenza di norme contrattuali, dovrà essere formulata tempestivamente, in modo che l’imprenditore possa operare il corretto contemperamento tra le esigenze dell’impresa e gli interessi del prestatore di lavoro…Un secondo periodo, di due settimane, da fruirsi anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione, salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva…Un terzo periodo, superiore al minimo di 4 settimane stabilito dal decreto, potrà essere fruito anche in modo frazionato ma entro il termine stabilito dall’autonomia privata dal momento della maturazione…
1) obbligo di concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell’anno di maturazione;
2) obbligo di concedere due settimane consecutive di ferie, se richiesto dal lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione; la richiesta del lavoratore dovrà intervenire nel rispetto dei principi dell’articolo 2109 del codice civile, pertanto, anche in assenza di norme contrattuali sul punto, dovrà essere formulata tempestivamente, in modo che l’imprenditore possa operare il corretto contemperamento tra le esigenze dell’impresa e gli interessi del prestatore di lavoro;
3) fruizione del restante periodo minimo di due settimane nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione».
Fonte: SOLE24ORE