Ambiente di lavoro conflittuale: risarcimento al lavoratore
- 9 Agosto 2024
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Una dipendente pubblica agisce in giudizio per ottenere la condanna del Comune al risarcimento del danno per la forzata inattività cui era stata costretta nel periodo dal 20 aprile 2010 al giugno 2012. Secondo i Giudici di merito, accertata la privazione delle mansioni e ritenuto che tale condizione avesse determinato un “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso misti” con un danno biologico temporaneo del 15% dal tempo della sua insorgenza, aveva condannato il Comune al pagamento di un risarcimento liquidato in euro 10.492,35. Secondo la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 22161 del 6 agosto 2024, il datore è tenuto ad evitare la prolungata esposizione del lavoratore ad un clima conflittuale, per evitare lo stress da lavoro causa di malattie. In particolare, il comportamento del datore di lavoro che lasci in condizione di forzata inattività il dipendente, pur se non caratterizzato da uno specifico intento persecutorio ed anche in mancanza di conseguenze sulla retribuzione, può determinare un pregiudizio sulla vita professionale e personale dell’interessato, suscettibile di risarcimento e di valutazione anche in via equitativa. E’ compito del datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 secondo cui lo “stress da lavoro”, è definito come uno “stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali” che, in caso di “esposizione prolungata”, può “causare problemi di salute” (par. 3) e che, pertanto, investe la “responsabilità dei datori di lavoro […] obbligati per legge a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori”.