Il periodo di impiego “in nero” del lavoratore prima dell’accesso ispettivo va regolarizzato in base a quanto realmente svolto dallo stesso. Vale il principio dell’effettività delle prestazioni, secondo cui i trattamenti, retributivo e contributivo, devono essere corrisposti in base al lavoro – in termini quantitativi e qualitativi – realmente effettuato sino al momento dell’accertamento ispettivo. Questa una delle precisazioni fornite dall’Ispettorato nell’ultima versione del compendio sull’applicazione della maxisanzione, aggiornata il 26 giugno 2024 (nota di trasmissione 1156/2024). L’impiego di dipendenti senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (escluso quello domestico) comporta l’applicazione della cosiddetta maxisanzione prevista dall’articolo 3, commi 3 e 3-ter, del decreto legge 12/2002. Al fine di promuovere la regolarizzazione dei rapporti sommersi, il legislatore ha previsto la diffidabilità della sanzione. Nel caso di regolarizzazione del rapporto di lavoro in nero ancora in essere all’atto dell’accesso ispettivo, il datore deve essere diffidato a instaurare un rapporto subordinato con contratto a tempo indeterminato, anche part time ma non inferiore al 50%, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi, mantenendo il lavoratore in servizio per un periodo non inferiore a 90 giorni di calendario. Diversa l’ipotesi di un lavoratore regolarmente occupato o non più in forza al momento dell’accesso ispettivo, per il quale viene accertato un periodo di lavoro irregolare pregresso. In questi casi, la diffida avrà a oggetto esclusivamente la regolarizzazione del periodo in nero senza alcun obbligo di mantenimento in servizio. Tornando alla prima ipotesi, ossia un lavoratore in nero al momento del controllo che non è al suo primo giorno di lavoro, l’Ispettorato precisa che, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro svolto fino al momento dell’accesso ispettivo, non si deve tener conto del vincolo relativo all’orario di lavoro (tempo pieno o part time non inferiore alle 20 ore), in quanto questo riguarda unicamente il “futuro”. Per ottemperare alla diffida, nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico, il datore di lavoro deve dimostrare di aver effettuato i seguenti adempimenti:
- la regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro in nero, secondo le modalità accertate, ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi;
- la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma (subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale almeno al 50%, o a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi), con effetto retroattivo e cioè con decorrenza dal primo giorno di lavoro accertato dagli ispettori;
- il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno tre mesi, da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti entro il termine di adempimento;
- il pagamento della maxisanzione (circolare 26/2015 del ministero del Lavoro).
L’Ispettorato, del resto, ha già chiarito che il periodo minimo di mantenimento in servizio del lavoratore va computato «al netto» del periodo di lavoro prestato in nero, il quale andrà comunque regolarizzato. Ne consegue che il vincolo circa l’orario di lavoro, quale condizione oggettiva di adempimento alla diffida stessa (nota Inl 4441/2017), riguarda unicamente il trimestre successivo che, di norma, decorre dalla data dell’accesso ispettivo, e non l’eventuale periodo precedente l’accesso stesso, la cui regolarizzazione, come detto, dovrà avvenire secondo le modalità accertate. In altre parole, va stipulato un contratto di lavoro unico, part time o full time, con decorrenza dalla data da cui secondo gli ispettori il lavoratore ha iniziato l’attività, ma l’obbligo di impiegare il dipendente secondo l’orario indicato nel contratto riguarda solo il dopo-accertamento. Operativamente, la dichiarazione di assunzione e l’Unilav dovranno riportare l’effettiva data di inizio del rapporto di lavoro e riferirsi a una delle tipologie contrattuali normativamente richieste. Rispetto, invece, al periodo pregresso, gli aspetti retributivi, contributivi e assicurativi, con le conseguenti registrazione nel libro unico del lavoro, dovranno essere ricostruiti secondo il principio di effettività delle prestazioni (circolare Inl 49/2018).
Fonte: SOLE24ORE