Repêchage senza obbligo di riqualificare il dipendente
- 17 Luglio 2024
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Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere preceduto dal tentativo del datore di lavoro di repêchage, ovverosia di assegnazione del lavoratore da licenziare a una differente mansione che gli consenta il mantenimento del posto di lavoro. L’obbligo di repêchage ha, tuttavia, dei confini molto labili sui quali si è espressa più volte la Corte di cassazione. Con la sentenza 17036/2024, i giudici hanno in particolare ribadito che il rispetto dell’obbligo non può essere affidato a una mera valutazione del datore di lavoro che, laddove giunga al licenziamento del dipendente, è tenuto a dimostrare che quest’ultimo non aveva la capacità professionale necessaria per occupare una diversa posizione lavorativa libera. Nel caso di assunzione di un altro lavoratore a copertura di tale posizione, il giudice eventualmente chiamato a rapportarla con il precedente licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve valutare il riferimento ai livelli di inquadramento predisposti dalla contrattazione collettiva e accertare concretamente se il lavoratore licenziato fosse in grado di svolgere le mansioni poi assegnate al nuovo assunto, considerando la formazione specifica e l’esperienza professionale complessiva. A tale ultimo proposito, la Cassazione ha chiarito un altro aspetto fondamentale per l’esatta interpretazione dell’obbligo di repêchage, sottolineando che il datore di lavoro, in ogni caso, non deve ritenersi onerato dell’obbligo di formare il dipendente per renderlo idoneo a ricoprire il posto disponibile e salvaguardare il suo posto di lavoro. In altre parole, l’obbligo di repêchage va valutato tenendo conto delle attitudini e della formazione del lavoratore al momento del licenziamento. Del resto, il diritto del lavoratore al mantenimento del posto di lavoro, per i giudici, deve essere comunque bilanciato con quello del datore di lavoro a che la sua organizzazione aziendale sia produttiva ed efficiente. Tale principio, come messo in evidenza dalla Corte di cassazione, ha peraltro ispirato anche il legislatore del Jobs act che, nel conferire la delega per la novellazione dell’articolo 2103 del Codice civile, parlava espressamente di una revisione della disciplina delle mansioni da farsi contemperando «l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche».
Fonte: SOLE24ORE