Affitto di ramo d’azienda: chi paga il TFR?

Affitto di ramo d’azienda: chi paga il TFR?

  • 17 Luglio 2024
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Il lavoratore che fa valere la garanzia del Fondo fa valere un diritto discendente dal rapporto con l'INPS, distinto e autonomo dal rapporto con il datore di lavoro sottoposto a procedura concorsuale, l'unico a essere accertato in sede concorsuale con la condanna al pagamento del TFR. A ribadirlo è la Cassazione con ordinanza 17 giugno 2024 n. 16740. Nel caso in esame, a seguito della concessione in affitto del ramo d'azienda presso cui prestavano attività, due lavoratori venivano ceduti ad un'altra azienda (affittuaria). Nel verbale di accordo, sottoscritto nel 2013 all'esito della procedura di consultazione sindacale ex art. 47 della Legge 428/1990, veniva previsto che il trattamento di fine rapporto (c.d. TFR) maturato presso l'affittante sarebbe rimasto in capo ad essa, senza obbligo di solidarietà dell'affittuaria. L'affittante poi era fallita ed i due lavoratori avevano ottenuto l'ammissione al passivo fallimentare del loro credito per TFR. In appello, i due lavoratori, in riforma della sentenza di primo grado, avevano ottenuto la condanna dell'INPS, tramite il Fondo di Garanzia, al pagamento nei loro confronti del TFR maturato presso l'affittante, stante il suo sopravvenuto fallimento e l'ammissione al passivo del loro credito. L'INPS ricorreva in cassazione avverso la decisione formulata dai giudici di merito, affidandosi ad un unico motivo. Nello specifico, l'Istituto deduceva la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 47, comma 5, della Legge 428/1990 e 2112 c.c., anche con riferimento all'art. 1372 c.c. Ciò in quanto la Corte distrettuale non aveva considerato che, al tempo del fallimento, il rapporto di lavoro era proseguito con l'affittuaria. La Corte di Cassazione, investita della causa, ritiene pacifico che, al tempo del fallimento, il rapporto di lavoro dei due lavoratori era proseguito, senza soluzione di continuità, con l'affittuaria così come previsto dall'art. 2112 c.c. E, partendo dal presupposto che l'obbligazione di pagamento del TFR diviene esigibile solo alla data di risoluzione del rapporto, conviene con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui “non sussiste un obbligo in capo al Fondo di garanzia ove, come nel caso, l'insolvenza riguardi non il datore di lavoro con cui è in essere il rapporto al momento in cui diviene esigibile il TFR” (cfr. Cass. 19277/2018, Cass. 4897/2021, Cass. 38696/2021, Cass. 39698/2021). Non osta a tale conclusione - continua la Corte di Cassazione - il fatto che il credito dei lavoratori era stato accertato e riconosciuto in sede concorsuale nei confronti dell'affittante. Infatti, “il lavoratore che fa valere la garanzia del Fondo fa valere un diritto discendente dal rapporto previdenziale sorto con l'Inps, distinto e autonomo dal rapporto di lavoro intercorrente con il datore di lavoro sottoposto a procedura concorsuale, l'unico ad essere accertato in sede concorsuale con il riconoscimento e la condanna al pagamento del t.f.r.” Ad avviso della Corte di Cassazione i giudici di merito hanno errato nel ritenere che, nel caso di specie, il verbale di accordo redatto all'esito della procura di consultazione sindacale ex art. 47, comma 5, della Legge 428/1990 liberasse l'affittuaria dall'assumere in solido l'obbligazione di pagare il TFR maturato alle dipendenze dell'affittante. Detto accordo non può essere opposto all'INPS alla luce del principio di relatività degli effetti del contratto ex art. 1372 c.c.; l'Istituto non è successore dell'affittante negli effetti del contratto. Sul punto la Corte di Cassazione sottolinea che l'INPS è obbligato verso il lavoratore in forza del distinto ed autonomo rapporto previdenziale che si instaura tra essi, avente ad oggetto l'intervento del Fondo di Garanzia in caso di insolvenza. Il predetto rapporto previdenziale ed il discendente obbligo di prestazione restano soggetti alla sola disciplina imperativa della legge, distinta da quella civilistica che regola, ai sensi dell'art. 2112 c.c., i rapporti tra lavoratore, affittante e affittuario. E l'accordo sindacale concluso ai sensi dell'art. 47, comma 5, della Legge 428/1990incide su tali rapporti ma non sul rapporto previdenziale (cfr. Cass. 6842/2023, Cass. 37789/2022). Tale orientamento, sottolinea la Corte di Cassazione, va confermato nel caso di specie, non essendo applicabile il comma 5-bis dell'art.47 L. n.428/1990, introdotto dall'art. 368 D.Lgs. 14/2019 ai sensi del quale “Nelle ipotesi previste dal comma 5, non si applica l'articolo 2112, comma 2, del codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell'azienda. Il Fondo di garanzia, in presenza delle condizioni previste dall'articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n.297, interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell'acquirente; nei casi predetti, la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell'individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto, da corrispondere ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.80. I predetti crediti per trattamento di fine rapporto e di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.80 sono corrisposti dal Fondo di Garanzia nella loro integrale misura, quale che sia la percentuale di soddisfazione stabilita, nel rispetto dell'articolo 85, comma 7, del codice della crisi e dell'insolvenza, in sede di concordato preventivo.” Si tratta di una disciplina innovativa non applicabile retroattivamente ad un accordo siglato (nel caso di specie) nel 2013, ossia antecedentemente alla sua entrata in vigore. In considerazione di tutto quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell'INPS e cassa la sentenza impugnata, rinviandola alla Corte d'appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Fonte: QUOTIDIANO PIU' -GFL