Indennità sostitutiva di ferie non godute

Indennità sostitutiva di ferie non godute

  • 20 Giugno 2024
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Se il lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro fornisce la prova del mancato godimento delle ferie sarà onere del datore di lavoro, al fine di evitare il pagamento della indennità sostitutiva, dimostrare di avere messo il dipendente, nel corso del rapporto, nelle condizioni di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite informandolo della perdita, in caso di mancata fruizione, del diritto sia alle ferie e sia alla indennità sostitutiva. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con ordinanza del 14 giugno 2024, n. 16603. La pronuncia della Cassazione ha origine dalla richiesta di un lavoratore dell’indennità sostitutiva delle ferie per mancato godimento di ferie e riposi e del conseguente risarcimento del danno da usura psicofisica. La Corte di legittimità con la sentenza in commento, al fine di giungere alla decisione, svolge interessanti considerazioni preliminari sul regime dell’onere della prova ai fini dell’esercizio del diritto del lavoratore a una indennità economica sostitutiva delle ferie non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Per prima cosa ricorda il costante l’orientamento «per cui il lavoratore che una volta cessato il rapporto, agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute, ha l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, risultando irrilevante la circostanza che il datore di lavoro abbia maggiore facilità nel provare l’avvenuta fruizione delle ferie da parte del lavoratore» (v. tra le tante Cass. 9791/2020). La Corte considera invece superato il precedente orientamento nella parte in cui addossava al lavoratore che rivendica l’indennità sostitutiva delle ferie l’onere di dimostrare che il mancato godimento fosse stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da causa di forza maggiore. 

La Corte continua ricordando le precedenti decisioni (Cass. 15652 del 2018 e 21780/2022) secondo le quali, conformemente ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (v. le tre sentenze della Grande sezione del 6 novembre 2018 in cause riunite C - 569 e C - 570/2016; C - 619/2016; C- 684/2016):

- le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale e irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro;

- il diritto alla indennità sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite;

- la perdita del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore, se necessario formalmente, a godere delle ferie e di averlo avvisato, in modo accurato e in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare il riposo cui sono destinate, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. Alla luce di tali principi, la Cassazione conclude ribadendo che «cessato il rapporto di lavoro e fornita dal lavoratore la prova del mancato godimento delle ferie, sarà onere del datore di lavoro, al fine di opporsi all’obbligo di pagamento della indennità sostitutiva rivendicata, dimostrare di avere messo il dipendente nelle condizioni di esercitare in modo effettivo il diritto alle ferie annuali retribuite nel corso del rapporto, informandolo in modo adeguato della perdita, altrimenti, del diritto sia alle ferie e sia alla indennità sostitutiva».

Fonte: SOLE24ORE