Lavoro stagionale: regole speciali per l’avviamento di minorenni

Lavoro stagionale: regole speciali per l’avviamento di minorenni

  • 17 Giugno 2024
  • Pubblicazioni
Per l’avviamento al lavoro dei minorenni nell’ambito delle attività stagionali è necessario il rispetto di normative speciali: da un lato devono essere rispettate le norme a tutela dei minori, dall’altro quelle relative alla stagionalità. I problemi principali in materia derivano dalla difficile individuazione dell’attività definibile come stagionale. In generale, l'età minima per l'accesso al lavoro è ormai di 16 anni (Min. Lav. nota 9799/2007), ossia al compimento dell'obbligo scolastico, ormai fissato in dieci anni. Fanno eccezione:
  • casi residuali, come nel settore dello spettacolo;
  • l'apprendistato di I livello, al quale si accede a partire dai 15 anni (ma, all'interno del c.d. sistema duale, tale apprendistato è anche assolvimento dell'obbligo scolastico, note INL 1369/2023 e 795/2024).

Di recente, l'INL, meglio precisando orientamenti già espressi in periodi precedenti, ha, da un lato confermato che il datore di lavoro deve procedere a verificare la coerenza tra l'attività lavorativa e il percorso formativo, anche alla luce della necessità che l'istituzione formativa proceda alla certificazione delle competenze acquisite nel percorso di apprendistato, dall'altro affermato che, tale valutazione non è comunque preclusiva della possibilità di procedere all'instaurazione di un rapporto di apprendistato di primo livello in un settore economico diverso da quello relativo al percorso formativo frequentato dal giovane, dal momento che ai fini del percorso formativo stesso sono rilevanti anche le competenze organizzative, trasversali, umane e relazionali. L'adeguatezza del contratto di apprendistato è assicurata dalla sottoscrizione, da parte dell'istituzione formativa, del protocollo relativo alla durata e al contenuto degli obblighi formativi posti in capo al datore di lavoro. L'avviamento al lavoro senza tali condizioni (età ed obbligo scolastico) comporta l'applicazione di sanzioni penali per il datore di lavoro. L'assolvimento dell'obbligo scolastico è condizione per l'accesso al lavoro anche per il minore straniero ed è comprovata dalla dichiarazione di valore del titolo di studio conseguito all'estero, rilasciata dal Consolato italiano all'estero, da cui risultino almeno 10 anni di frequenza.  Ai bambini, definibili come minori di anni 15 o minori che non hanno assolto all'obbligo scolastico de dieci anni, in generale, è preclusa qualsiasi attività lavorativa. Previo assenso scritto dei genitori o del tutore, i minori, anche di età inferiore ai 15 anni, possono essere autorizzati dall'Ispettorato del lavoro, a partecipare spettacoli, riprese cinematografiche, attività pubblicitarie, sportive, culturali o artistiche, purché tali attività non siano pericolose per la salute psico-fisica del minore stesso e non ne pregiudichino i percorsi formativi. Le attività così svolte dai bambini non possono protrarsi oltre le ore 24 e devono essere seguite da almeno 14 ore di riposo. I bambini non possono essere impiegati per più di 7 ore giornaliere e 35 settimanali, e gli adolescenti (minori di età compresa tra 15 e 18 anni non più soggetti all'obbligo scolastico), per non più di 8 ore al giorno e 40 settimanali. I minori di età compresa tra 15 e 16 anni, assunti con contratto di apprendistato di primo livello non possono, quindi, essere impiegati per più di 35 ore settimanali e 7 ore al giorno: pur avendo superato i 15 anni, questi soggetti non hanno ancora assolto l'obbligo scolastico. Salvo casi particolari, i minori non possono essere impiegati in lavorazioni a turni continuativi né al lavoro notturno. In generale, inoltre, deve essere riconosciuto un riposo intermedio di almeno un'ora dopo 4 ore e mezza di prestazione lavorativa. Il riposo settimanale deve essere pari ad almeno due giorni, per un minimo di 36 ore consecutive. I minori fino a 16 anni di età hanno diritto ad un periodo di ferie annuali non inferiore a 30 giorni; oltre i 16 anni, le ferie minime spettanti sono pari a 20 giorni, salvi i trattamenti di miglior favore previsti dai contratti collettivi. L'avviamento al lavoro dei minori presuppone una specifica valutazione dei rischi per la sicurezza e l'accertamento della idoneità fisica. La legge individua poi una serie di attività che i minori non possono svolgere, se non per fini formativi e stretto controllo dei formatori stessi, o nell'ambito dell'apprendistato di primo livello, a seguito di autorizzazioni amministrative. Nel rispetto delle speciali norme di tutela, i minori possono ben essere adibita ad attività stagionali. Ai rapporti a termine stagionali, come noto, si applicano alcune importanti deroghe al regime generale del lavoro a termine (limite di durata complessivo, c.d. stop and go, regime delle causali, limiti numerici). Le attività stagionali sono quelle definite come tali dal DPR 1525/1963 la cui efficacia è estesa dalla legge fino all'adozione di un apposito decreto ministeriale. Un parziale rimedio alla vetustà di tale elencazione tassativa è contenuto nella previsione di legge che affida ai contratti collettivi di qualsiasi livello la possibilità di individuare altre fattispecie di stagionalità. Sebbene in sede amministrativa sia stato ammesso che alle fattispecie così individuate si applichino tutte le deroghe che la legge prevede per il lavoro stagionale, si segnala un orientamento giurisprudenziale suscettibile di modificare sensibilmente il quadro definitorio delle stagionalità e forse addirittura di neutralizzare il potenziale di innovazione della contrattazione collettiva rispetto all'inadeguatezza delle definizioni del DPR 1525/63 rispetto ai cambiamenti intervenuti negli anni nelle modalità della produzione. In tempi recenti, infatti, la Corte di cassazione ha scolpito la differenza tra attività stagionale e picchi di attività. La prima è tale se aggiuntiva (sotto un profilo evidentemente qualitativo) rispetto alla normale attività svolta dall'impresa e se è stagionale in senso stretto, ossia preordinata e organizzata per un periodo temporaneo “limitato ad una stagione”. Le attività svolte per affrontare le c.d. punte di stagionalità, invece, non sarebbero riconducibili al lavoro stagionale, in quanto corrispondenti ad un incremento della normale attività. I datori di lavoro, dunque, dopo aver verificato se l'attività che intendono svolgere rientri nell'elenco del DPR 1525/63, dovranno, in mancanza volgere la loro attenzione alle previsioni del contratto collettivo applicato. In tal caso, un'ottica prudenziale consiglia di esaminare il contenuto dei contratti collettivi alla luce della giurisprudenza cui si è appena accennato.


Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL