L’apprendista dimissionario risarcisce l’azienda

L’apprendista dimissionario risarcisce l’azienda

  • 12 Giugno 2024
  • Pubblicazioni

È valida la clausola inserita nel contratto di apprendistato professionalizzante per cui, in caso di recesso anticipato del lavoratore durante il periodo formativo, il datore di lavoro ha facoltà di trattenere una somma pari alla retribuzione per ogni giornata di formazione. Fermo il diritto del lavoratore in apprendistato a rassegnare in ogni momento le dimissioni, se le parti hanno convenuto un periodo minimo di durata il datore ha il diritto di recuperare le retribuzioni versate al dipendente per i giorni in cui è stata effettivamente impartita la formazione. Neppure rileva che quest’ultima sia stata resa durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, perché l’apprendimento può essere assolto «on the job» e non è limitato a quello svolto «in aula». Su queste basi, il tribunale di Roma (sentenza 1646 del 9 febbraio 2024) ha riconosciuto la validità della clausola contrattuale con cui è stato previsto che, se il lavoratore avesse reso le dimissioni (salvo l’ipotesi della giusta causa) durante il periodo formativo, il datore avrebbe avuto diritto a trattenere «una somma pari alla retribuzione corrisposta per ogni giornata di formazione erogata fino al momento del recesso». Il Tribunale capitolino qualifica la clausola contrattuale come una previsione di «durata minima» del rapporto o «patto di stabilità», la cui inosservanza comporta, a carico della parte che recede prima del termine, le conseguenze risarcitorie fissate in via convenzionale nel contratto di apprendistato. Il lavoratore, convenuto in giudizio per la condanna alla restituzione di oltre 9.000 euro di retribuzioni versate nel corso di 125 giorni dedicati alla formazione, si è difeso sostenendo l’illegittimità della clausola contrattuale perché introduceva condizioni vessatorie che, in base all’articolo 1341, secondo comma, del Codice civile, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica approvazione per iscritto. Il giudice di Roma non condivide questa lettura e afferma che l’ordinamento non pone limiti alla previsione di clausole di durata minima correlate al periodo della formazione prevista nel contratto di apprendistato. La validità del patto di stabilità si giustifica con il dispendio economico che il datore di lavoro sopporta per la formazione dedicata al dipendente assunto in apprendistato. La previsione di una durata minima è coerente con l’esigenza che il datore, a fronte del costo sostenuto per la formazione, possa beneficiare delle prestazioni del lavoratore formato per un periodo di tempo ritenuto congruo. In questo contesto, la previsione di un meccanismo risarcitorio, tale per cui il lavoratore che recede prima del tempo è tenuto a restituire le retribuzioni percepite nei giorni dedicati alla formazione, non costituisce imposizione di una condizione vessatoria. Per la validità della penale, del resto, non è richiesto che il lavoratore abbia tratto un vantaggio materiale in termini di specifica formazione tecnica, perché il meccanismo risarcitorio si collega al costo sostenuto dal datore per le giornate di effettiva formazione. La pronuncia è di estremo interesse ben oltre l’ambito del contratto di apprendistato, perché conferma la validità di clausole contrattuali che legano la formazione dei lavoratori a un periodo minimo di stabilità del rapporto di lavoro. Per le imprese che rinnovano le infrastrutture tecnologiche e si avviano verso nuovi modelli produttivi la previsione di una durata minima del rapporto collegata alla formazione costituisce una leva strategica per non disperdere il patrimonio aziendale.


Fonte: SOLE24ORE