Tassazione separata sull’indennità risarcitoria
L’indennità risarcitoria onnicomprensiva stabilita dal giudice per ristorare totalmente il pregiudizio subito dal lavoratore in somministrazione per il periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro è reddito di lavoro dipendente e deve essere tassata secondo la modalità separata. Questo è in sintesi il principio emerso nella risposta dell’agenzia delle Entrate 130/2024. Oggetto del parere è la disciplina fiscale dell’indennità risarcitoria prevista dall’articolo 39, comma 2, del Dlgs 81/2015 stabilita dal giudice nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr. La vicenda trae origine da un contenzioso di natura giuslavoristica in cui una lavoratrice in somministrazione ha richiesto un risarcimento danni in capo all’Ente utilizzatore per l’illegittimo utilizzo dei contratti di somministrazione, eccedenti il limite quantitativo stabilito dalla legge. Le basi della richiesta dell’indennizzo si fondavano anche sul fatto che all’Ente utilizzatore dovesse essere applicata la disciplina della pubblica amministrazione di cui al Dlgs 165/2001. A riguardo, la sentenza del giudice del lavoro, da un lato, precisa la non assimilabilità delle società a partecipazione pubblica agli enti pubblici e la conseguente inapplicabilità delle disposizioni previste dal Dlgs 165; dall’altro, condanna la società al pagamento in favore della lavoratrice di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva nella misura di 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr. Soffermandoci sulla fattispecie tributaria, il Fisco ricorda i due principali principi che regolano la fiscalità del reddito di lavoro dipendente: il principio di onnicomprensività, in base al quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, e il principio a mente del quale i proventi conseguiti in sostituzioni di redditi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Per semplificare, in merito al secondo principio, generalmente si distinguono gli indennizzi da lucro cessante da quelli da danno emergente. L’indennizzo percepito volto a compensare la mancata percezione di redditi di lavoro ovvero il mancato guadagno, ovvero le somme corrisposte dirette a sostituire un reddito non conseguito, sono considerate da lucro cessante e devono essere tassate. Le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio sono classificate da danno emergente e non sono imponibili. Alla luce di tali principi, le Entrate concludono il parere affermando che, poiché l’indennità prevista dal giudice «ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive», essa debba essere qualificata quale risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente (lucro cessante) e pertanto debba essere tassata. Inoltre, il Fisco ritiene che a tale fattispecie debba essere applicata la tassazione separata di cui all’articolo 17, comma 1, lettera b), del Tuir generalmente operata sugli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti
Fonte:SOLE24ORE