Licenziamento collettivo e omessa comunicazione preventiva

Licenziamento collettivo e omessa comunicazione preventiva

  • 23 Aprile 2024
  • Pubblicazioni
È illegittimo il licenziamento collettivo se nella comunicazione preventiva non sono stati indicati i profili professionali del personale in esubero e abitualmente impiegato che non possono ritenersi coincidenti con il livello di inquadramento contrattuale. A ribadirlo è la Cassazione con l’ordinanza 16 aprile 2024 n. 10197. Il caso trae origine dal rigetto, da parte della Corte d'appello territorialmente competente, del ricorso presentato da una società avverso la sentenza di primo grado che - confermando l'ordinanza all'esito della fase sommaria - aveva dichiarato illegittimo per violazione dell'art. 4, comma 3, della L. 223/1991 il licenziamento intimato ad alcuni lavoratori al termine della procedura di licenziamento di collettivo. La società veniva condannata a corrispondere ad essi una indennità risarcitoria ragguagliata all'anzianità di servizio (tra le 13 e le 18 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori). Entrando nel dettaglio della decisione, ad avviso della Corte d'appello, nella comunicazione di avvio della procedura non erano stati indicati i profili professionali del personale in esubero e abitualmente impiegato, i quali, contrariamente a quanto asserito dalla società, non potevano ritenersi coincidenti con il livello di inquadramento contrattuale. In sostanza, la Corte distrettuale aveva condiviso la tesi del giudice di prime cure secondo cui il difetto informativo della comunicazione non aveva permesso alle organizzazioni sindacali di individuare posizioni effettivamente in esubero e di distinguerle in considerazione dei diversi profili professionali. E ciò aveva impedito di verificare il nesso tra le ragioni determinanti l'esubero di personale e le unità che in concreto l'azienda intendeva licenziare in modo tale da evidenziarsi la connessione tra le enunciate esigenze aziendali e l'individuazione di personale da licenziare. La società soccombente impugnava la decisione di secondo grado in cassazione. Per quanto di precipuo interesse, ai sensi dell'art. 4, comma 1, della Legge n. 223/1991 il datore di lavoro che intende avviare una procedura di licenziamento collettivo è tenuto a darne preventiva comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza alle OO.SS. maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché alle rispettive Associazioni di categoria. Ed il comma 3 del predetto articolo prevede che nella comunicazione in questione il datore di lavoro deve riportare:
i motivi che determinano la situazione di eccedenza;
i motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo;
il numero, la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato;
i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale;
le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo ed il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. La Corte di Cassazione investita della causa ha, innanzitutto, evidenziato che i giudici di merito nel formulare la loro decisione hanno richiamato un principio che essa stessa condivide. Si tratta del principio secondo il quale la comunicazione ex art. 4, comma 3, della L. 223/1991 deve specificare “i profili del personale eccedente e non può limitarsi all'indicazione generica delle categorie di personale in esubero (operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti)” poiché tale generica indicazione non è “sufficiente a concretizzare il piano di ristrutturazione aziendale”, con la precisazione che “la successiva conclusione di un accordo sindacale, nell'ambito della procedura di consultazione non sana il menzionato difetto della comunicazione iniziale se anche l'accordo non contiene la specificazione dei profili professionali dei lavoratori destinatari del licenziamento” (cfr. Cass. n. 10424/2012).
Questo principio - sottolinea la Corte di Cassazione - è stato ribadito anche dalla sentenza n. 880/2013 laddove ha statuito che la comunicazione con cui il datore di lavoro avvia la procedura di licenziamento deve compiutamente adempiere all'obbligo di fornire le informazioni di cui all'art. 4, comma 3, della L. 223/1991 per consentire all'interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione del personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero. In altri termini, la disposizione in esame presidia l'interesse delle OO.SS. e dei lavoratori alla completezza e alla adeguatezza delle informazioni così da permettere il controllo tempestivo (e in tutte le sue fasi) sulla correttezza procedimentale dell'operazione effettuata dal datore di lavoro. Entrando nel merito della vicenda, la Corte di Cassazione ritiene che i giudici di merito abbiano spiegato con congrua motivazione l'insufficienza a tali fini dell'indicazione del solo livello di inquadramento dei lavoratori individuati come in esubero nel medesimo reparto ai fini di un compiuto controllo sull'operazione, integrante un decifit di trasparenza e verificabilità. In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione conclude per il rigetto del ricorso proposto dalla società, con sua condanna alla refusione delle spese di lite.

Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL