Riposo giornaliero: come compensare la riduzione delle ore
- 20 Novembre 2023
- Pubblicazioni
La Cassazione, con sentenza n. 29344 del 23 ottobre 2023, afferma che la previsione del contratto collettivo del recupero delle ore di riposo giornaliero con il prolungamento, in un successivo momento, degli intervalli tra una prestazione lavorativa e l’altra, è coerente con la finalità del riposo giornaliero di consentire al lavoratore il recupero delle energie psicofisiche. La disposizione del contratto collettivo che prevede il recupero da parte del lavoratore delle ore di riposo minimo giornaliero non fruite deve essere intesa nel senso che il citato recupero avvenga mediante concessione di più lunghi intervalli tra una prestazione lavorativa e l'altra. È esclusa, in mancanza di espressa previsione del contratto collettivo, l'attribuzione al lavoratore di permessi retribuiti in misura pari alle ore di riposo giornaliero non fruite. È questa l'interpretazione offerta dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 29344 del 23 ottobre 2023. Il lavoratore, guardia particolare giurata, ha convenuto in giudizio la società datrice di lavoro per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento in conseguenza delle frequenti compressioni del riposo giornaliero imposte dal datore di lavoro rispetto alla misura minima delle undici ore consecutive prevista dal contratto collettivo per istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari. Il lavoratore lamentava, in particolare, il mancato riconoscimento da parte della società datrice di lavoro di un numero di ore di permessi retribuiti corrispondenti alla riduzione del riposo giornaliero in misura inferiore a quella minima stabilita dal contratto collettivo. La società datrice di lavoro evidenziava la infondatezza della pretesa avversaria, precisando che in caso di compressione del riposo giornaliero in misura inferiore a undici ore consecutive, legittima in base alle previsioni del contratto collettivo, il lavoratore maturasse il diritto non a ore di permesso retribuito ma, piuttosto, a più lunghi intervalli di riposo tra una prestazione lavorativa e l'altra, ferma restando l'integrità dell'orario di lavoro. Il Tribunale di Torino ha emesso sentenza non definitiva in relazione alla questione pregiudiziale relativa alla interpretazione delle disposizioni contrattuali collettive, respingendo la tesi proposta dal lavoratore. Il giudice di primo grado ha accertato, accogliendo l'interpretazione fornita dalla società datrice di lavoro, che la disposizione del contratto collettivo per istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari applicabile al caso di specie prevedeva che in caso di riduzione della durata del riposo giornaliero, le ore di riposo non fruite dal lavoratore avrebbero dovuto essere recuperate, entro i 30 i giorni successivi, mediante la concessione di più lunghi intervalli di riposo. Al contrario, nessun passaggio delle disposizioni contrattuali collettive poteva giustificare l'interpretazione offerta dal lavoratore, secondo cui in caso di riduzione del numero minimo di ore di riposo giornaliero il lavoratore avrebbe avuto diritto a un corrispondente numero di ore di permesso retribuito, con complessiva riduzione dell'orario di lavoro. Avverso tale provvedimento, il lavoratore ha proposto ricorso immediato per cassazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore e confermato l'interpretazione della disposizione contrattuale collettiva suggerita dal giudice di primo grado, ribadendo che il recupero previsto dalla norma collettiva del periodo di riposo inferiore alla soglia minima delle undici ore continuative deve avvenire mediante corrispondente prolungamento degli intervalli non lavorati tra una prestazione e l'altra nei trenta giorni successivi. In altri termini, la riduzione del numero minimo di ore di riposo settimanale determina un differimento nel tempo dell'effettivo godimento di detto periodo di riposo. La Suprema Corte evidenzia, in via preliminare, che la disciplina dei riposi giornalieri per i lavoratori addetti i servizi di vigilanza privata è correttamente rimessa alla contrattazione collettiva, alla quale deve farsi riferimento per la risoluzione della controversia. Prosegue la Corte rilevando che il diritto al riposo giornaliero risponde, anche nell'ordinamento comunitario, alla ratio di garantire la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore. Pertanto, in caso di riduzione delle ore di riposo giornaliero, ciò che rileva è che sia attuato un meccanismo di compensazione che garantisca al lavoratore l'adeguato recupero, anche in un momento successivo, delle energie psicofisiche. Nell'ottica del legislatore comunitario, la forma privilegiata di “compensazione” del riposo giornaliero inferiore alle undici ore è costituita giustappunto dalla concessione di corrispondenti intervalli non lavorati più lunghi da fruirsi in un momento successivo. Un'interpretazione secondo buona fede della previsione collettiva applicabile al caso di specie impone al datore di lavoro di adottare modalità di recupero delle ore di riposo giornaliero non fruite tali da garantire l'effettivo recupero delle energie psicofisiche. Osserva, ulteriormente, il Collegio che dall'analisi complessiva dell'accordo collettivo emerge la sussistenza di un'articolata e dettagliata disciplina dei permessi retribuiti. In mancanza di uno specifico riferimento nel contratto collettivo ai permessi retribuiti maturati in corrispondenza della compressione del riposo giornaliero, deve ritenersi che le parti sociali non abbiamo voluto attribuire al lavoratore il diritto a maturare tali permessi retribuiti in caso di riduzione della durata del riposo giornaliero.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL