Scusabile la maleducazione del bancario demansionato

Scusabile la maleducazione del bancario demansionato

  • 14 Novembre 2023
  • Pubblicazioni
È illegittimo il licenziamento del dipendente, addetto allo sportello di una banca, che inveisce contro il cliente e lo strattona per il braccio, se alla base del rapporto di lavoro si colloca una dequalificazione professionale che ha generato una condizione «stressogena». In un contesto lavorativo dove il dipendente è stato esposto a un trattamento «demansionante/dequalificante/mobbizzante», il maltrattamento dei clienti e gli atteggiamenti ostili nel disimpegno del servizio di sportello vanno valutati con minore severità. Il dipendente che si rivolge all’utenza utilizzando un registro inurbano e aggressivo sul piano fisico pone in essere una condotta oggettivamente riprovevole, in contrasto con i valori di civiltà che sono alla base dei rapporti interpersonali. È, tuttavia, solo un lato di una vicenda più complessa, perché vanno valorizzati (anche) il contesto ambientale ostile e le vessazioni subite dal dipendente sul piano professionale. Sulla scorta di questi rilievi il Tribunale di Cremona (ordinanza dell’11 ottobre 2023, numero 1393) ha ritenuto sproporzionato il licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente che, in più occasioni, si era rivolto alla clientela in malo modo («chiudi il becco»), rifiutandosi di eseguire le operazioni di sportello richieste e spingendosi al punto di tirare via per il soprabito un avventore indesiderato. Il giudice cremonese riconosce che le intemperanze del dipendente hanno una oggettiva valenza disciplinare e collidono con elementari regole della buona educazione e del vivere civile. Questi elementi non possono essere, però, valutati isolatamente. Il Tribunale rimarca che le azioni del dipendente vanno calate nel contesto di un rapporto particolarmente problematico, in cui il lavoratore, per effetto degli attacchi professionali subiti con il ripetuto spostamento verso mansioni dequalificanti, ha sviluppato negli anni una condizione di depressione e di stress la cui responsabilità è da ascrivere al datore di lavoro. Il datore di lavoro avrebbe dovuto tutelare il benessere del dipendente ed evitargli sovraccarichi emotivi, in virtù del generale obbligo di tutela delle condizioni di lavoro previsto dall’articolo 2087 del Codice civile. Per questa ragione, pure a fronte di un comportamento contrario al cosiddetto “minimum etico” nella gestione della relazione con i clienti, la misura massima espulsiva risulta, ad avviso del giudice, sproporzionata e il lavoratore ha diritto a un’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo sulla scorta dei parametri di legge (nella fattispecie, sedici mensilità secondo quanto disposto dall’articolo 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori). La decisione costituisce un precedente da non sottovalutare perché allarga il perimetro della responsabilità datoriale per la tutela della salute e le condizioni di lavoro dei dipendenti verso un ambito, quello disciplinare, che risponde a dinamiche completamente diverse. Nella valutazione dell’elemento intenzionale della condotta disciplinare ascritta al lavoratore, seguendo la logica della pronuncia del Tribunale di Cremona, le condizioni stressogene di lavoro possono acquisire un rilievo centrale e condurre alla dichiarazione di illegittimità della misura espulsiva.

Fonte: SOLE24ORE