Trasformazione da full-time a part-time
- 13 Novembre 2023
- Pubblicazioni
In mancanza di patto scritto tra le parti, il datore di lavoro non può provare per facta concludentia la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Le parti possono, invece, concordare sospensioni della prestazione e della retribuzione, che il datore di lavoro può provare anche per fatti concludenti, che si traducono in clausole tacite integrative del contratto di lavoro full time. Sono questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 28862 del 10 ottobre 2023. Il lavoratore ha chiesto e ottenuto nei confronti della società datrice di lavoro un decreto ingiuntivo per il pagamento di differenze retributive tra quello che avrebbe dovuto essere corrisposto a titolo di retribuzione in forza di un rapporto di lavoro full time e ciò che, invece, era stato effettivamente corrisposto. Il lavoratore aveva, infatti, affermato che il rapporto di lavoro era stato originariamente costituito a tempo pieno e che non era mai stato sottoscritto un accordo individuale di trasformazione del rapporto in part time. La società datrice di lavoro aveva contestato la pretesa del lavoratore, evidenziando che nel corso del rapporto era stato stipulato un accordo sindacale in forza del quale era stata prevista la riduzione dell'orario di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per tutti i dipendenti, con individuazione di un numero minimo di 120 giornate di lavoro all'anno. A tale accordo era stata data effettiva attuazione anche da parte del lavoratore, il quale aveva, di fatto, prestato sempre l'attività lavorativa in regime di part time. Il Tribunale di Lucca aveva accolto la prospettazione del lavoratore e accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, condannando la società datrice di lavoro a pagare al lavoratore le differenze retributive tra quanto il lavoratore avrebbe dovuto percepire in forza del rapporto a tempo pieno e l'orario ridotto di fatto osservato. La Corte d'Appello, pur confermando che tra le parti non fosse mai stato sottoscritto un contratto di lavoro in regime di part time, ha evidenziato che era emerso in giudizio come il lavoratore avesse, da moltissimi anni, se non dall'origine del rapporto, prestato attività lavorativa in regime di part time, nei soli giorni di apertura della discoteca presso la quale svolgeva le mansioni. Sulla base di tali circostanze di fatto, il giudice del gravame ha ribaltato la decisione del Tribunale e ha affermato che il datore di lavoro può dimostrare l'intervento di una riduzione consensuale della prestazione lavorativa, ovvero di una novazione oggettiva del rapporto con una nuova manifestazione di volontà anche per fatti concludenti. Ciò anche se la legge applicabile ratione temporis imponeva la forma scritta per la validità del contratto a tempo parziale. Avverso tale provvedimento, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione. La Corte di Cassazione ha ritenuto parzialmente fondato il ricorso del lavoratore e ha cassato la sentenza impugnata rinviando per la decisione nel merito alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione. La Suprema Corte ribadisce il principio per cui il rapporto di lavoro si presume a tempo pieno, a meno che le parti non abbiano convenuto per iscritto clausole di riduzione dell'orario di lavoro. Pertanto, se non è prodotto in giudizio il contratto o l'accordo individuale tra le parti relativo all'orario di lavoro part time, il rapporto di lavoro deve intendersi costituito in regime di full time. Prosegue, tuttavia, la Corte evidenziando che il datore di lavoro può provare che siano state concordate tra le parti riduzioni quantitative della prestazione lavorativa (e, conseguentemente, del trattamento retributivo), che si traducono in clausole tacite del contratto individuale di lavoro full time. Sulla base di tali argomentazioni, la Cassazione cassa con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, per la liquidazione in favore del lavoratore del danno per eventuali differenze retributive perdute, da calcolare non rispetto ad un orario di lavoro full time, in realtà mai eseguito per volontà concorde delle parti, ma tenendo conto della sospensione concordata della prestazione lavorativa e della retribuzione durante i giorni di chiusura del locale ove il lavoratore prestava attività lavorativa, così come attuata nel corso degli anni, sulla base di un'adesione delle parti per fatti concludenti.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL