NASPI in caso di dimissioni per rifiuto al trasferimento

NASPI in caso di dimissioni per rifiuto al trasferimento

  • 7 Agosto 2023
  • Pubblicazioni
Una società attiva nel settore retail, a seguito della chiusura di un punto vendita, comunica ad uno dei dipendenti addetti alle vendite il trasferimento ad altro punto vendita sito in località distante oltre 80 km dalla residenza del lavoratore. Il dipendente non prende servizio presso la nuova sede lavorativa e trasmette alla società le proprie dimissioni per giusta causa, invocando come motivazione “rifiuto al trasferimento a sede distante oltre 50km dalla residenza o non raggiungibile in 80 minuti”. Successivamente, il lavoratore e il datore di lavoro sottoscrivono un verbale di conciliazione nell'ambito del quale il lavoratore conferma le dimissioni a causa dell'eccessivo impatto che il trasferimento avrebbe avuto sulle proprie condizioni di vita personali, familiari e lavorative. Successivamente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, il dipendente si vede rifiutare la richiesta di accesso al trattamento NASPI, in quanto il riconoscimento del trattamento in caso di dimissioni per giusta causa per rifiuto del trasferimento è subordinato, in linea con la prassi applicativa dell'INPS, alla prova che il lavoratore abbia contestato le ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento datoriale. La Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (“NASPI”) spetta al lavoratore in possesso dei seguenti requisiti:
  1. stato di disoccupazione involontaria;
  2. almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione.
In più occasioni il ministero del lavoro e l'INPS hanno fornito chiarimenti applicativi, sposando, a seconda dei casi, interpretazioni estensive delle disposizioni normative e consentendo ai lavoratori di accedere al trattamento NASPI in alcuni specifici casi di risoluzione del rapporto di lavoro e di licenziamento per motivi disciplinari. Allo stesso tempo, a parere dell'INPS, in caso di dimissioni per giusta causa, ai fini del riconoscimento del diritto al trattamento NASPI, il lavoratore deve provare di volere agire nei confronti del datore di lavoro per l'accertamento della sussistenza della giusta causa di dimissioni ed ha, inoltre, l'onere di comunicare all'istituto previdenziale gli esiti di tale contestazione.
Con Mess. 26 gennaio 2018 n. 369, l'INPS ha ulteriormente ribadito che:

  • non è ostativa al riconoscimento del trattamento NASPI la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta per rifiuto del lavoratore al trasferimento ad una sede di lavoro distante oltre 50 km dalla residenza o non raggiungibile in 80 minuti con l'utilizzo dei mezzi pubblici, sul presupposto che il trasferimento ad una sede di lavoro eccessivamente distante dalla residenza del lavoratore può determinare la scelta di quest'ultimo di interrompere il rapporto di lavoro, con la conseguenza che il lavoratore si trova, in tal caso, in stato di disoccupazione “involontaria”;
  • in caso di dimissioni per giusta causa, la effettiva sussistenza di una condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro del rapporto di lavoro deve essere valutata dal giudice e, pertanto, ai fini dell'accesso al trattamento NASPI, il lavoratore deve provare di avere contestato al datore di lavoro la sussistenza della giusta causa e deve, successivamente, informare l'ente previdenziale sull'esito della contestazione.
Alla luce di queste considerazioni, in caso di cessazione del rapporto di lavoro per rifiuto del lavoratore al trasferimento presso sede lavorativa distante oltre 50 km, il trattamento NASPI spetta al lavoratore se la cessazione del rapporto di lavoro interviene:

  1. nell'ambito di una risoluzione consensuale;
  2. in conseguenza delle dimissioni per giusta causa del lavoratore, il quale, in tale ultimo caso, dovrà dimostrare di aver contestato la legittimità e la fondatezza della decisione aziendale.
Con sentenza n. 429 del 27 aprile 2023 il Tribunale di Torino delegittima la posizione dell'INPS e riconosce che il lavoratore ha diritto ad accedere alla NASPI, qualora la cessazione del rapporto di lavoro in conseguenza del rifiuto del lavoratore al trasferimento a sede lavorativa distante oltre 50 km (o non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici) - a prescindere dalla fondatezza e dalla legittimità delle scelte aziendali - avvenga per dimissioni. A tale conclusione si perviene considerando che:

  1. lo spostamento del lavoratore ad una sede distante oltre 50 km dalla residenza (o non raggiungibile in 80 minuti) configura una notevole variazione delle condizioni di lavoro;
  2. la notevole variazione delle condizioni di lavoro è l'unica ragione che ha determinato la volontà del lavoratore di dimettersi dal rapporto di lavoro;
  3. il lavoratore che si sia dimesso dal rapporto per rifiuto del trasferimento ad altra sede di lavoro si trova in stato “involontario” di disoccupazione ed ha, quindi, diritto – sussistendo gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa – ad accedere al trattamento NASPI senza che sia necessario che il lavoratore dimostri di avere contestato la legittimità della scelta aziendale. In conclusione, la decisione della lavoratrice di dimettersi a causa del trasferimento ad altra sede di lavoro distante oltre 50 km (o non raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici), a prescindere dalla legittimità delle scelte aziendali, deve ritenersi una scelta imputabile a terzi e non volontaria, cui consegue il diritto del lavoratore (come nel caso della risoluzione consensuale per rifiuto del trasferimento) a percepire la NASPI.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GIUFFRE'