Solidarietà solo se il datore esternalizza i processi produttivi
- 7 Agosto 2023
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Secondo l’articolo 29 del decreto legislativo 276/2003 (nella versione vigente al momento dei fatti e oggi, per questo aspetto, invariata) sono responsabili in solido, con l’appaltatore, due tipologie di committenti: quelli che rivestono la qualifica di “imprenditore” e quelli che si possono definire come “datori di lavoro”. La Cassazione esclude che il condomino possa rientrare nella prima categoria, in quanto non ha certamente la natura di un’attività economica organizzata che persegue lo scopo di conseguire un profitto ma, piuttosto, si configura come un semplice ente di gestione dei beni comuni (e, ai fini lavoristici, non assume un rilievo diverso dai singoli condomini titolari di questi beni). Inoltre la Suprema corte – contraddicendo quanto sostenuto dalla Corte d’appello (e anche, in via incidentale, dalla stessa Cassazione nell’ordinanza 4079/2022) – esclude anche la possibilità che il condominio si possa qualificare come “datore di lavoro”. Nell’ordinanza del 2022, scritta dalla seconda sezione della Cassazione, senza approfondire il ragionamento si è affermato che «nella vicenda oggetto di controversia, si versa in un caso di appalto di servizi concluso tra un condominio e un’impresa di pulizia, in cui il primo è appaltante-committente (ovvero, comunque, datore di lavoro della ditta di pulizie)». Nell’ordinanza 19514/2023, invece, la sezione Lavoro sviluppa un ragionamento più articolato relativamente al concetto di datore di lavoro. In particolare il committente può considerarsi datore di lavoro (e quindi rispondere come responsabile in solido) solo se sussistono determinate caratteristiche. Il committente può definirsi datore di lavoro quando utilizza il personale dipendente dell’appaltatore per realizzare l’oggetto della propria attività istituzionale, realizzando tramite l’appalto una forma di decentramento produttivo. Situazione, questa, che – secondo l’ordinanza – ricorre, per esempio, nel caso di associazioni ed enti no profit che appaltano un servizio all’esterno, ricadendo appieno nel perimetro applicativo della responsabilità solidale. Questa interpretazione, secondo la Corte, è coerente con la ratio dell’articolo 29, che mira a prevenire i rischi di riduzione delle tutele per i lavoratori impiegati negli appalti nei casi di decentramento produttivo; rischi che sono coperti dal meccanismo della responsabilità solidale solo quando si verifica una dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzo della prestazione, mentre non sono oggetti di protezione nel caso in cui – come quello del condominio – l’appalto non si configura come una forma di esternalizzazione di processi produttivi propri del committente. Dunque, ai fini della solidarietà contributiva negli appalti non ogni datore di lavoro è tale ma occorre verificare di volta in volta il rapporto tra le caratteristiche dell’attività oggetto del contratto e l’attività istituzionale dell’appaltante. E ciò a prescindere che, come in questo caso, si tratti di un condominio.
Fonte:SOLE24ORE