Contratto sostituzione maternità: inquadramento sostituto
- 19 Giugno 2023
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Un lavoratore assunto a tempo determinato, successivamente alla cessazione del rapporto per intervenuta scadenza, ha convenuto in giudizio l'azienda sostenendo che la sua assunzione fosse avvenuta per la sostituzione di una lavoratrice assente per maternità e che per tale ragione egli avrebbe avuto diritto al riconoscimento del medesimo inquadramento contrattuale applicato alla lavoratrice sostituita perché avrebbe svolto identiche mansioni, con conseguente diritto alle relative differenze retributive. Parimenti, il lavoratore rivendicava anche di aver maturato differenze retributive in virtù dello svolgimento di lavoro straordinario. La società convenuta ha resistito nel giudizio evidenziando, in punto di diritto, che l'ordinamento non contempla un meccanismo che imponga la parità di trattamento normativo tra i lavoratori e neanche (nel caso di contratto a tempo determinato per ragioni sostitutive) tra sostituto e il lavoratore sostituito. Occorre ricordare che non consta nell'ordinamento giuslavoristico un principio di parità di trattamento normativo di inquadramento dei lavoratori. La giurisprudenza sul punto è chiara e costante: “l'eventuale inadeguatezza della retribuzione può essere accertata solo attraverso il parametro di cui all'art. 36 Costituzione, che è "esterno" rispetto al contratto, né ai fini di tale accertamento rileva l'eventuale disparità di trattamento fra lavoratori della medesima posizione, atteso che non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento e che, pertanto, l'attribuzione di un determinato beneficio ad un lavoratore non può costituire titolo per attribuire ad altro lavoratore, che si trovi nella medesima posizione, il diritto allo stesso beneficio (in tal senso si vedano, ex plurimis, Cass. n. 132 dell'8 gennaio 2002, Cass. n. 25889 del 28 ottobre 2008; Cass. n. 26953 del 23 dicembre 2016). Si veda ancora: “non esiste nel nostro ordinamento un principio che imponga al datore di lavoro, nell'ambito dei rapporti privatistici, di garantire parità di retribuzione e/o di inquadramento a tutti i lavoratori svolgenti le medesime mansioni, posto che l'art. 36 Cost. si limita a stabilire il principio di sufficienza ed adeguatezza della retribuzione, prescindendo da ogni comparazione intersoggettiva e che l'art. 3 Cost. impone l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e non anche nei rapporti interprivati; sicché, la mera circostanza (priva di ulteriori specificazioni) che determinate mansioni siano state in precedenza affidate a dipendenti cui il datore di lavoro riconosceva una qualifica superiore, è del tutto irrilevante per il dipendente al quale, con diversa e inferiore qualifica, siano state affidate le stesse mansioni (cfr. Cass. n. 16015 del 19/07/2007). Tale principio, letto unitamente al potere dell'azienda di auto-organizzarsi, comporta che non spetta un simile diritto alla parità di trattamento anche al lavoratore che viene assunto per “sostituire” un altro dipendente con diritto alla conservazione del posto. Invero, la “sostituzione” non può essere intesa come necessario ed automatico disimpegno da parte del sostituto delle mansioni tipiche svolte dal sostituito. Ed è da tale presupposto che muove il percorso motivazionale della sentenza del Tribunale di Novara (sentenza del 13 giugno 2023). Il Giudice del Lavoro di Novara ha integralmente respinto il ricorso del lavoratore osservando che: “Irrilevante è la circostanza per cui il ricorrente sarebbe stato assunto in sostituzione di altra lavoratrice assente per maternità. Consolidato e condivisibile è, infatti, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, per cui non vi è un rapporto di necessaria correlazione tra le mansioni del sostituto e del sostituito, “atteso che la sostituzione ipotizzata dalla norma va intesa nel senso più confacente alle esigenze dell'impresa; pertanto, non può essere disconosciuta all'imprenditore - nell'esercizio del potere di autorganizzazione - la facoltà di disporre (in conseguenza dell'assenza di un dipendente) l'utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni” (Cass., sez. lav., 6787/2013, 20647/2017, 23352/2018).” In sostanza, l'accertamento del diritto all'attribuzione di un diverso e superiore inquadramento secondo il Tribunale di Novara, “si risolve, quindi, in un ordinario giudizio circa l'adeguatezza dell'inquadramento riconosciuto nel contratto individuale, rispetto alle mansioni concretamente svolte. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo insegnato che, ai fini della disamina di una domanda volta al riconoscimento di qualifica superiore, il giudice deve adoperare il cd. criterio trifasico, che si compone dell'accertamento delle mansioni concretamente svolte, dell'individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo applicabile e del confronto tra le prime e le seconde.” Peraltro, anche l'INPS in passato era intervenuto su questa tematica con messaggio n. 31/2001. In tale occasione l'INPS aveva precisato che la sostituzione non implica necessariamente l'equivalenza delle qualifiche del sostituto e del sostituito, poiché il datore di lavoro, in occasione dell'inserimento temporaneo di un nuovo dipendente, è del tutto legittimato a porre in essere azioni riorganizzative da cui derivi una redistribuzione del lavoro nell'azienda e ciò per meglio fronteggiare esigenze insorte in ragione dell'assenza del lavoratore, con il limite dell'equivalenza oraria delle prestazioni.