Lavoratore assente per malattia

Lavoratore assente per malattia

  • 18 Aprile 2023
  • Pubblicazioni
Il Tribunale di Arezzo (sentenza n. 64 del 7 marzo 2023) ritiene, innanzitutto, che per poter decidere è necessario valutare se il comportamento tenuto dal dipendente, per la sua gravità, sia suscettibile di ledere il vincolo fiduciario che sottende un normale rapporto di lavoro. Infatti, spetta al giudice valutare la congruità della sanzione e la ripercussione del fatto addebitato al dipendente sulla futura correttezza dell'adempimento degli obblighi assunti. Ciò, a parere del Tribunale, è coerente con il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il lavoratore non deve solo fornire la prestazione, ma, quale obbligo accessorio, deve anche osservare comportamenti corretti e rispettosi al di fuori dell'ambito lavorativo , tali da non ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario con lo stesso, tali condotte illecite, ove connotate da caratteri di gravità, possono anche determinare l'irrogazione della sanzione espulsiva ancorché attuale al di fuori del contesto lavorativo” (cfr. Tribunale di Roma, sentenza 266/2023). Il Tribunale osserva anche che la società non è stata in grado di dimostrare l'insussistenza della malattia e la conseguente falsità della certificazione medica, non adducendo alcuna motivazione che potesse indurre ad accogliere la sua tesi. Tant'è che la stessa non ha provveduto né a segnalare la vicenda agli organi ispettivi dell'INPS né a formulare capitoli istruttori volti appunti a dimostrare quanto asserito. Ad ogni modo, ad avviso del Tribunale, la condotta tenuta dal lavoratore non è qualificabile come un inadempimento talmente grave da giustificare l'adozione della misura espulsiva. Il recarsi ad una partita di calcio non implica necessariamente l'aggravarsi della malattia lamentata dal lavoratore. Ed il fatto che non ci sia stato un aggravamento delle sue condizioni di salute è dimostrato proprio dal rientro in azienda al termine del periodo di inabilità indicato nella certificazione medica. Sul punto il Tribunale sottolinea che non esiste un obbligo di riposo assoluto in pendenza di malattia ove non oggetto di prescrizione medica ed il lavoratore si è recato a vedere la partita in orario in cui non era reperibile per la visita fiscale, così pienamente esercitando il proprio diritto di libera circolazione assicurato a ogni cittadino che non sia destinatario di provvedimenti restrittivi promananti dall'autorità giudiziaria. Oltretutto, sottolinea il Tribunale, la durata di una partita si intende per un arco temporale ben più breve rispetto all'intera giornata lavorativa e, a fronte di un eventuale accentuarsi del dolore, in quel ristretto frammento temporale, il lavoratore avrebbe potuto reagire anche tramite l'assunzione di un unico antidolorifico. A ciò aggiungasi che, mentre assistere ad una partita non richiede particolari sforzi (essendo visionabile da una posizione seduta), l'attività di affilatore espletata dal lavoratore richiede il maneggio di carichi a mani. A nulla rileva poi il richiamo della società ad altre diverse mansioni, avendo dovuto proporre quelle eventualmente esercitabili. In conclusione, il Tribunale considera del tutto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore per insussistenza del fatto contestato, con conseguente applicazione nel caso di specie dell'art. 18, comma 4, della L. 300/1970 e condanna della società anche al pagamento delle spese di lite.