Socio cooperativa e competenza del giudice
- 27 Aprile 2023
- Pubblicazioni
Da diversi anni, la questione relativa all'individuazione del giudice competente a conoscere delle controversie relative al lavoro dei soci di cooperativa era in attesa di una netta presa di posizione da parte del legislatore. La diatriba interpretativa, è nata con il D.Lgs. 5/2003, che ha introdotto uno specifico rito per le controversie in materia societaria, attribuendo le controversie relative a questa materia alla competenza del Tribunale in composizione collegiale; lo stesso Decreto ha stabilito la regola della prevalenza del rito societario su qualsiasi altro rito anche in caso di connessione tra domande, in deroga ai criteri dettati dall'art. 40, c. 4, c.p.c. La disposizione in questione è stata oggetto di alterne fortune a livello giurisprudenziale, ed ha finito per essere dichiarata incostituzionale per eccesso di delega (la Corte costituzionale, infatti, con la sentenza n. 71 del 2008); da lì a non molto il rito societario è stato abrogato anche a livello legislativo, con conseguente venir meno di ogni questione relativa al concorso tra riti. Il dibattito, tuttavia, è stato ben presto “rilanciato” dall'art. 3, c. 2, lett. a), DL 1/2012, che ha attribuito alle sezioni specializzate per l'impresa (c.d. tribunale delle imprese) la competenza a conoscere delle “cause e i procedimenti: a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario [...]” stabilendo altresì - al successivo comma 3 - che “Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”. Anche questa disposizione, di per sé estremamente chiara nello stabilire la competenza del Tribunale delle Imprese in tutti i casi in cui alla lite “societaria” si affianchi una controversia di altra natura, è stata però vittima di una forte crisi di rigetto da parte del nostro ordinamento. È stato pertanto affermato che è il Giudice del Lavoro a dover farsi carico della causa promossa dal socio-lavoratore al fine di far invalidare la delibera di esclusione e il contestuale licenziamento; il Giudice del Lavoro è infatti competente a conoscere “…tanto la lite societaria, quanto quella lavoristica, che sono implicate in ogni caso di risoluzione dei due contratti…” (vedasi Cass. 21 novembre 2014, n. 24917, resa in sede di regolamento di competenza; nello stesso senso cfr. Cass. 27 novembre 2014 n. 25237; Cass. 6 ottobre 2015 n. 19975). Questa conclusione, chiarisce la Suprema Corte, deriva dalla necessità di tutelare “tanto l'interesse sociale ad un corretto svolgimento del rapporto associativo quanto la tutela e la promozione del lavoro in cui essenzialmente si rispecchia la funzione sociale di questa forma di mutualità” (Cass. 24917/2014, cit.); valori che, evidentemente (almeno secondo il pensiero della Corte di Cassazione), possono essere tutelati appieno solo davanti al Giudice del Lavoro. A fugare ogni dubbio è finalmente intervenuto il D.Lgs. 149/2002, con l'introduzione dell'art. 441-ter c.p.c., prevedendo che: "Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative sono assoggettate alle norme di cui agli articoli 409 e seguenti e, in tali casi, il giudice decide anche sulle questioni relative al rapporto associativo eventualmente proposte. Il giudice del lavoro decide sul rapporto di lavoro e sul rapporto associativo, altresì, nei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro deriva dalla cessazione del rapporto associativo". Ciò che viene chiarito, in altri termini, è esclusivamente il profilo processuale concernente le cause di impugnazione dei licenziamenti da parte dei soci di cooperativa, che da qui in avanti verranno obbligatoriamente assoggettate al rito del lavoro, con competenza del giudice del lavoro a conoscere anche delle questioni relative al rapporto associativo che siano state eventualmente proposte dalle parti. In base al nuovo art. 441-ter c.p.c., il Giudice del Lavoro sarà competente anche in relazione ai casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro non sia disposta con una formale atto di licenziamento ma derivi dalla sola delibera di esclusione.