Licenziamento conseguente a mobbing o straining
- 17 Aprile 2023
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Il Giudice del lavoro, Cass. 5 aprile 2023 n. 625, nella valutazione circa le legittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto, deve tenere conto anche di quanto abbia inciso la condotta datoriale nell’aggravarsi della condizione fisica del lavoratore, o nell’insorgenza di una patologia di chiara eziologia professionale. Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità, lo straining è può essere definito come “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell'ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. Nel momento in cui è dimostrato il nesso causale tra l'inadempimento datoriale – rispetto agli obblighi ex art. 2087 cod. civ. e T.U. 81/2008 – e la sussistenza di una malattia professionale o di un infortunio occorso al lavoratore, il periodo di assenza non è computabile ai fini del superamento del periodo di comporto ed il licenziamento, eventualmente intimato, è illegittimo con diritto del lavoratore alla reintegrazione in servizio. Naturalmente, incombe sul lavoratore l'onere di provare il collegamento causale fra la malattia e l'inadempimento del datore di lavoro. Emerge come sia illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori (Cass. Civ., sent. n. 3291 del 19.02.2016), lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioè nociva, ancora secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c.. È, infatti, comunque configurabile la responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento – imputabile anche solo per colpa – che si ponga in nesso causale con un danno alla salute del dipendente (a mero titolo esemplificativo l'applicazione di plurime sanzioni illegittime: Cass. Civ., sent. n. 16256 del 20.06.2018; comportamenti che in concreto determinino svilimento professionale: Cass. Civ., sent. n. 9901 del 20.04.2018) e ciò secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori conseguenti a responsabilità contrattuale (artt. 1218 e 1223 cod. civ.).