Licenziamento per anomalie emerse dal Gps
- 5 Gennaio 2023
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Il licenziamento deciso dal datore di lavoro sulla base di dati raccolti da un sistema di geolocalizzazione per tracciare i chilometri percorsi, installato su un veicolo utilizzato durante l’attività lavorativa, è conforme alla Convenzione dei diritti dell’uomo. Lo ha stabilito la Corte europea con la sentenza Gramaxo contro Portogallo (n. 26968/1616) con la quale Strasburgo fissa i criteri per assicurare il corretto bilanciamento tra diritti del lavoratore e del datore di lavoro e la possibilità di utilizzare i dati raccolti nel processo. Un informatore scientifico, assunto da un’azienda farmaceutica che gli aveva fornito l’auto aziendale utilizzabile anche a fini privati, con successivo rimborso dei chilometri percorsi al di fuori dell’attività lavorativa, si era opposto alla decisione aziendale di installare i Gps sulle auto. Il dipendente considerava la decisione contraria alle regole sul trattamento dei dati personali. L’azienda, intanto, aveva avviato un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente perché dai dati raccolti dal Gps era emerso che non aveva completato le otto ore di lavoro e aveva manipolato il Gps, anche rimuovendo la scheda Gsm dal dispositivo. Di qui l’avvio di un procedimento disciplinare e il successivo licenziamento. Prima di tutto, la Corte europea sottolinea che il ricorrente era stato informato dell’installazione del Gps, strumento che certo può incidere sul diritto al rispetto della vita privata. Tuttavia, l’azienda aveva informato i dipendenti sottolineando che lo strumento serviva, nel contesto di un controllo delle spese aziendali, a controllare i chilometri percorsi, inclusi quelli relativi agli spostamenti privati, con la precisazione che sarebbe stato aperto un procedimento disciplinare nel caso di contrasto tra i dati rilevati e quelli indicati dal dipendente. Di conseguenza, per la Corte europea non è stato violato l’articolo 8 della Convenzione perché le autorità nazionali hanno effettuato un giusto bilanciamento, in grado di preservare la vita privata nel contesto familiare, tra i diritti in gioco e non hanno violato l’obbligo positivo di garantire il diritto al rispetto della vita privata del ricorrente. Sdoganato anche l’utilizzo dei dati in sede giudiziaria per giustificare il licenziamento del ricorrente che non è una violazione del diritto all’equo processo.