Sostituzione di lavoratore assente e assegnazione a mansioni superiori

Sostituzione di lavoratore assente e assegnazione a mansioni superiori

  • 12 Dicembre 2025
  • Pubblicazioni
Con l’ordinanza 31120/2025, pubblicata il 28 novembre 2025, la Cassazione ha affermato il principio secondo cui «in materia di sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto con altro lavoratore di qualifica inferiore, per escludere il diritto del sostituto alla definitiva assegnazione alle mansioni superiori ai sensi dell’articolo 2103 codice civile e della contrattazione collettiva applicabile la professionalità del lavoratore deve essere tutelata contro possibili abusi del datore di lavoro, tenendo contro di tutte le circostanze del caso concreto, inclusa la durata della sostituzione». Nel caso di specie, la lavoratrice ricorrente sosteneva di aver sostituito per oltre quattro anni il proprio capo ufficio assente per aspettativa, svolgendo le relative mansioni riferibili al superiore livello di inquadramento in assenza di qualunque comunicazione formale da parte della datrice di lavoro. Considerate le modalità e la durata della sostituzione, la lavoratrice rivendicava la definitiva acquisizione del superiore livello di inquadramento, oltre al pagamento delle differenze retributive e contributive. In primo grado, il Tribunale di Enna riconosceva la legittimità della temporanea adibizione a mansioni superiori in sostituzione del capo ufficio assente e per l’effetto condannava la datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive e contributive dovute per la sola durata del periodo di sostituzione. La lavoratrice impugnava la sentenza in punto di legittimità della sostituzione, ma la Corte di appello di Caltanissetta rigettava ogni richiesta di riforma. La lavoratrice ricorreva pertanto in Cassazione, rilevando da un lato l’erronea ricognizione della fattispecie da parte delle corti di merito, sussistendo il suo diritto alla definitiva acquisizione del superiore inquadramento anche in assenza della formale attribuzione delle relative mansioni, e, dall’altro, la violazione dell’articolo 2103 del codice civile (nella sua formulazione ante-Jobs Act) e delle disposizioni del Ccnl di riferimento, i quali prevedevano il diritto all’assegnazione definitiva al superiore livello di inquadramento trascorso un periodo di almeno tre mesi di effettivo svolgimento delle relative mansioni. A fronte di tali rilievi, la Corte di legittimità ha osservato che la non definitività dell’assegnazione a mansioni superiori in caso di sostituzione di altro dipendente assente costituisce un’eccezione alle regole codicistiche e contrattuali, secondo cui dall’assegnazione di mansioni riconducibili all’inquadramento superiore per un periodo prolungato di tempo discende automaticamente la definitiva acquisizione del superiore inquadramento. In quanto eccezione, la legittimità della temporanea adibizione a mansioni superiori deve essere verificata sotto due profili: da un lato, quello dell’effettivo svolgimento delle mansioni riconducibili al livello superiore e, dall’altro, quello dell’assenza di qualunque abuso dell’istituto da parte del datore di lavoro, il quale deve avere l’effettiva necessità temporanea di sostituire un altro dipendente.  Pertanto, sebbene la giurisprudenza abbia confermato che la sostituzione è legittima anche se non sia stata comunicata insieme all’assegnazione di mansioni superiori (Cassazione 12793/2003) e che il datore non abbia alcun obbligo di comunicare il nominativo del lavoratore sostituito ai fini della validità dell’atto (salvo espresse previsioni contenute nei C.c.n.l., Cassazione 7126/2007; Cassazione 24348/2006), il vaglio della legittimità della sostituzione deve essere sempre accompagnato dalla verifica dell’assenza di qualunque utilizzo abusivo dell’istituto, verifica che non può prescindere da valutazioni delle circostanze di fatto. Nel caso di specie, ha osservato la Suprema Corte, lo svolgimento di mansioni superiori in sostituzione del lavoratore assente ha avuto una durata significativa, pari a quattro anni. Peraltro, il lavoratore sostituito non è mai tornato al lavoro, essendo le sue mansioni successivamente tolte alla ricorrente e assegnate ad un nuovo assunto. La Corte di appello ha dunque errato nell’omettere qualunque considerazione in merito al possibile abuso della sostituzione, vista la considerevole (e sospetta) durata della stessa. La Suprema Corte ha così proceduto alla cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza, al fine di consentire al Giudice di merito di valutare se la durata eccessiva del periodo di sostituzione costituisse o meno abuso dell’istituto tale da determinare il diritto alla lavoratrice alla definitiva acquisizione del superiore livello di inquadramento.

Fonte: SOLE24ORE