Appalti, equivalenza dei Ccnl basata su elementi sostanziali

Appalti, equivalenza dei Ccnl basata su elementi sostanziali

  • 5 Dicembre 2025
  • Pubblicazioni
Con la sentenza 9484/2025, il Consiglio di Stato ha stabilito che la verifica di equivalenza delle tutele tra diversi Ccnl, negli appalti pubblici, non può essere ridotta al mero dato numerico degli scostamenti, ma deve tradursi in una valutazione complessiva della tutela assicurata ai lavoratori coinvolti nell’appalto. Si tratta di un principio di notevole rilevanza, sia per le stazioni appaltanti, che per gli operatori economici e ridimensiona significativamente le rigidità applicative derivate dai criteri per la verifica di equivalenza richiamati nella relazione illustrativa dell’Anac allegata al bando tipo 1/2023; criteri che hanno determinato e tuttora determinano rigidità applicative in taluni casi irragionevoli. Il Codice degli appalti (Dlgs 36/2023) prevede, all’articolo 11, l’obbligo per la stazione appaltante di indicare nel bando di gara il contratto collettivo da applicare al personale impiegato nell’appalto. La medesima disposizione consente agli operatori economici di inserire nell’offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, a condizione che garantisca le stesse tutele, economiche e normative, di quello contenuto nel bando. In tale ultimo caso, l’operatore deve rilasciare una dichiarazione di equivalenza delle tutele, che la stazione appaltante è tenuta a verificare in sede di aggiudicazione. Sui criteri di valutazione dell’equivalenza è intervenuta l’Anac che, nella relazione illustrativa allegata al bando tipo 1/2023 (di recente aggiornata), richiamando la circolare 2/2020 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ha individuato una serie di parametri, precisando – quanto alle tutele normative – che «si può ritenere ammissibile, di regola, uno scostamento limitato a soli due parametri», oltre i quali dovrebbe escludersi l’equivalenza, con conseguente mancata aggiudicazione all’operatore. Impostazione, quest’ultima, che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (con il parere 3522/2025 del 3 giugno) ha confermato anche dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo (Dlgs 209/2024 con allegato I.01). Secondo quest’ultimo l’equivalenza delle tutele è sussistente quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara e quando gli scostamenti sulle tutele normative siano marginali. Con decreto interministeriale – non ancora emesso – dovranno essere previste le linee guida per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele normative e per la valutazione della marginalità degli scostamenti. Con la sentenza 9484/2025, il Consiglio di Stato interviene discostandosi, almeno in parte, dalle rigidità valutative che sino a oggi hanno orientato le valutazioni di equivalenza. Nello specifico, il Collegio ha confermato che l’affidamento deve essere preceduto dalla verifica, da parte della stazione appaltante, della dichiarazione di equivalenza, la quale deve essere effettuata in base all’articolo 110 del Codice e, dunque, tenendo conto dei consolidati principi secondo cui l’obiettivo non è rinvenire singole anomalie, ma accertare se «l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto: esso mira, infatti, a valutare la complessiva adeguatezza dell’offerta rispetto al fine da raggiungere (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 22 marzo 2022, n. 2079; 24 novembre 2021, n. 7868)». Su tali presupposti, il Collegio ha osservato che il giudizio di non equivalenza delle tutele non può limitarsi a un pedissequo richiamo ai parametri indicati da Anac nella relazione illustrativa, in quanto ciò non sarebbe in linea «con le sopra indicate coordinate normative e giurisprudenziali perché pretende di desumere la non equivalenza unicamente dal numero degli scostamenti individuati senza alcuna valutazione del loro effettivo rilievo e, soprattutto, senza considerare l’esame complessivo delle tutele assicurate». Ciò sul presupposto che la valutazione di equivalenza dei trattamenti economici e normativi tra differenti Ccnl deve essere verificata tenendo conto della coerenza del contratto collettivo applicato rispetto all’oggetto dell’appalto e secondo una valutazione complessiva, da un punto di vista giuridico ed economico. È, pertanto, da accertare che «(i) il trattamento dei lavoratori impiegati in tale gara non sia eccessivamente inferiore a quello dei Ccnl individuati dalla stazione appaltante; (ii) vi sia corrispondenza, o almeno confrontabilità, tra le mansioni del Ccnl applicato e le lavorazioni oggetto dell’appalto». Si aprono, dunque, nuovi scenari: la verifica di equivalenza torna a essere un giudizio sostanziale, fondato sulla coerenza complessiva delle tutele normative, nella consapevolezza che non tutti gli scostamenti sono rilevanti e che il “peso” delle singole tutele non è omogeneo. Una svolta che restituisce alle stazioni appaltanti maggiore elasticità valutativa e agli operatori economici un quadro più razionale e meno formalistico, di cui inevitabilmente dovranno tenere conto anche gli enti regolatori e gli attori istituzionali che concorrono alla disciplina della materia.

Fonte: SOLE24ORE