AB, cittadino austriaco, ha svolto per molti anni attività presso datori di lavoro privati in Austria e all'estero, prima di essere assunto dal Land Carinzia (uno dei 9 stati che compongono l'Austria), inizialmente come dipendente a contratto e poi come funzionario pubblico. A seguito di una riforma del 2021, il K-DRG austriaco ha previsto che i periodi di attività equivalente svolti in altri Stati SEE siano presi in considerazione per fissare o correggere la “data di riferimento” dell'avanzamento di carriera dei propri funzionati pubblici. Nel 2022 AB chiede il riconoscimento di tutti i suoi periodi equivalenti, nazionali ed esteri, con ricalcolo dunque della retribuzione; la domanda è respinta in applicazione di una clausola transitoria, che consente la rideterminazione della data di riferimento solo se la situazione retributiva del funzionario dipende ancora da tale data e non già da una promozione discrezionale. Il giudice amministrativo regionale della Carinzia, investito del ricorso promosso da AB, solleva tre questioni pregiudiziali sull'interpretazione dell'art. 45 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea), del Reg. UE 492/2011, della Dir. UE 78/2000 e della Carta dei Diritti Fondamenti dell'Unione Europea. Cittadinanza e libertà di circolazione. Quanto alla prima questione, la Corte distingue il profilo della parità di trattamento per cittadinanza da quello delle restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori. Sul primo versante, osserva che la normativa carinziana impone la considerazione integrale dei periodi di attività equivalente svolti in un altro Stato SEE, mentre esclude quelli svolti nel settore privato interno, e si applica indistintamente a funzionari nazionali e di altri Stati membri: non vi è quindi un trattamento meno favorevole per i cittadini di altri Stati membri, né un criterio apparentemente neutro che li colpisca in misura particolare. Non ricorre, pertanto, né una discriminazione diretta né una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza. Diversamente, ai sensi dell'art. 45 par. 1 TFUE, la Corte considera che l'impossibilità di valorizzare retroattivamente i periodi di attività equivalente svolti in un altro Stato SEE, quando il funzionario sia stato promosso in base a una decisione discrezionale, rende meno attraente l'esercizio della mobilità all'interno del SEE: il lavoratore che abbia acquisito esperienza all'estero rischia di vederla definitivamente non considerata ai fini dell'inquadramento retributivo. Una disciplina di questo tipo costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori e può essere ammessa solo se giustificata da un obiettivo legittimo e proporzionata; poiché il governo austriaco non dimostra né l'uno né l'altra, la Corte così conclude che l'art. 45 par. 1 TFUE osta a una normativa come quella di specie. Anzianità e discrezionalità della promozione. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se la disciplina in questione integri una discriminazione fondata sull'età, in quanto la promozione è subordinata al compimento di un numero rilevante di anni di servizio. La Corte conferma che il sistema rientra nell'ambito di applicazione della Dir. UE 78/2000, ma rileva che il criterio distintivo non è l'età anagrafica, bensì l'intervenuta promozione discrezionale; inoltre, il requisito di anzianità non riguarda, in pratica, solo funzionari “anziani” e la promozione dipende anche da elementi di merito e da valutazioni discrezionali. In assenza di un nesso strutturale tra età e trattamento retributivo, gli artt. 1, 2 e 6 della direttiva, letti con l'art. 21 della Carta, non ostano alla normativa nazionale. Quanto alla terza questione, relativa alla mancata considerazione dei soli periodi di attività equivalente svolti nel settore privato in Austria, la Corte afferma che una siffatta ipotesi rientra in un “contesto puramente nazionale”: di conseguenza, né l'art. 45 TFUE né l'art. 7 del Reg. UE 492/2011 sono applicabili e manca il collegamento richiesto dall'art. 51 della Carta. La Corte si dichiara pertanto incompetente sulla parte della questione relativa all'art. 20 della Carta e dichiara irricevibile quella relativa all'art. 45 TFUE. Importanza della decisione e applicabilità nell'impiego privato. La pronuncia conferma che il mancato pieno riconoscimento, in chiave retributiva, dell'esperienza equivalente maturata in altri Stati SEE può costituire una restrizione alla libera circolazione anche in assenza di una discriminazione per cittadinanza o per età, soprattutto quando tale esito dipende da clausole transitorie o da meccanismi di promozione discrezionale solo apparentemente neutri. Il suddetto principio, peraltro, pare essere in grado di operare non solo nel pubblico impiego, ma, più in generale, ogniqualvolta regole generali su anzianità, progressioni e trattamento economico rendano meno attrattivo l'esercizio della mobilità transnazionale all'interno del SEE. Resta tuttavia fermo il limite, parimenti netto, delle situazioni puramente interne, rispetto alle quali la Corte si dichiara non competente, lasciando eventuali interventi di riequilibrio alle sole autorità, anche giudiziarie, nazionale.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL