Illegittimo il rigetto della Naspi per un mero errore formale
- 1 Dicembre 2025
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L’Inps non può rigettare una domanda di Naspi solo per un mero errore, come l’indicazione di una data errata della cessazione del rapporto di lavoro, essendo obbligato a richiedere al lavoratore la rettifica dell’errore materiale, anziché respingere la domanda di accesso alla indennità di disoccupazione. La sentenza 113/2025 del Tribunale di Pescara ha riconosciuto l’illegittimità del rigetto da parte della sede Inps competente di una domanda di Naspi in cui il lavoratore aveva indicato un’errata data di cessazione del rapporto di lavoro (1° maggio 2023). Secondo la sentenza, tale vizio di forma poteva essere correttamente inquadrato e corretto da parte dell’Inps attraverso la consultazione delle comunicazioni obbligatorie Unilav, nonché dai flussi contributivi Uniemens, entrambi nella piena disponibilità dell’Istituto. La sentenza ricostruisce l’iter percorso dal lavoratore che, a fronte dell’errore nell’inserimento della data di cessazione del rapporto di lavoro (1° maggio 2023 in luogo della data corretta del 31 gennaio 2024), aveva visto rigettare la propria domanda di Naspi, esaminata e respinta in meno di un mese dall’invio da parte del lavoratore; il lavoratore aveva successivamente presentato un ricorso amministrativo al Comitato provinciale Inps, prontamente respinto dall’Istituto che, quale unica motivazione, rilevava l’errata data di cessazione del rapporto di lavoro subordinato a termine inserita nel modello telematico. Il lavoratore non aveva ripresentato la domanda di accesso alla indennità Naspi (anche se il rigetto era avvenuto prima dell’esaurirsi del termine decadenziale di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro), in quanto avrebbe perso senza possibilità di recupero i ratei di indennità anteriori alla data della seconda domanda. Il giudice del lavoro ha ribadito che anche in casi come quello della domanda per l’indennità di disoccupazione operi il principio del “soccorso istruttorio”, secondo cui l’amministrazione deve avvertire il cittadino dell’incompletezza o irregolarità della documentazione presentata. Nello sviluppo del contenzioso, così come nella stessa delibera di rigetto del ricorso amministrativo del lavoratore, l’Istituto aveva ammesso esplicitamente di avere verificato che il rapporto di lavoro fosse in essere nella data erroneamente indicata nella domanda di Naspi, consultando le proprie banche dati. Secondo la sentenza, la consultazione di queste informazioni avrebbe anche consentito di individuare la data corretta e di mettere in condizione il lavoratore di integrare le informazioni necessarie (già note all’Inps). La sentenza ribadisce i principi di diritto amministrativo secondo cui Inps, come qualsiasi amministrazione, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete dato che per concludere una procedura amministrativa come quella del riconoscimento della Naspi è sufficiente che la domanda presentata dal lavoratore consenta all’Istituto di individuare la prestazione richiesta.
Fonte: SOLE24ORE