Demansionamento e prestazione rifiutabile
- 26 Ottobre 2022
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Il lavoratore adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle del proprio inquadramento può legittimamente rifiutare lo svolgimento della prestazione, tanto più se il contratto collettivo nazionale applicato al rapporto sanziona unicamente il rifiuto di svolgere compiti che rientrano nella qualifica. Il rifiuto di eseguire mansioni inferiori e diverse da quelle della qualifica non è insubordinazione, a condizione che la reazione del lavoratore sia stata proporzionata all'inadempimento datoriale e conforme ai canoni di buona fede.
Ricorrendo queste condizioni, il licenziamento disciplinare irrogato dal datore di lavoro per rifiuto del lavoratore di svolgere le nuove dequalificanti mansioni è illegittimo e comporta l'applicazione del rimedio della reintegrazione in servizio e del risarcimento danni nella misura massima delle 12 mensilità prevista dall'articolo 18, comma 4, dello Statuto dei lavoratori. I principi espressi dalla Cassazione (ordinanza 30543/2022 del 18 ottobre) riposano sul presupposto che il rifiuto di adempiere un ordine datoriale diretto allo svolgimento di attività di contenuto inferiore rispetto l'inquadramento non è, in assoluto, un comportamento insubordinato sanzionabile con provvedimento espulsivo. L'assegnazione delle mansioni inferiori può giustificare la decisione del lavoratore di incrociare le braccia se il rifiuto di svolgerle è proporzionato rispetto la gravità della condotta datoriale ed è stato gestito con modalità improntate a buona fede, nel bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti.