Sciopero, la Cassazione limita i «filtri organizzativi» del datore di lavoro

Sciopero, la Cassazione limita i «filtri organizzativi» del datore di lavoro

  • 21 Novembre 2025
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La Corte di cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza 29740/2025 dell’11 novembre, è intervenuta su una questione di grande rilievo nell’ambito delle relazioni industriali, ovvero le condotte antisindacali poste in essere durante l’esercizio del diritto di sciopero. In particolare, l’ordinanza si sofferma sull’analisi del carattere antisindacale di due disposizioni di servizio emanate dalla principale concessionaria autostradale italiana, che imponevano al personale di esazione specifici adempimenti da assolvere sia nella fase antecedente, sia in quella successiva all’inizio dello sciopero. La Suprema Corte ha ribadito che il datore di lavoro non è privato della facoltà di adottare misure organizzative finalizzate a limitare la perdita di capacità di guadagno dovuta allo sciopero, purché tali misure non costituiscano una coartazione della libertà di sciopero dei lavoratori. Il caso trae origine da due disposizioni aziendali emesse il 5 e il 12 agosto 2016. Le procedure da seguire prima dello sciopero imponevano agli esattori una serie di adempimenti che, di fatto, limitavano la possibilità di decidere liberamente e in modo tempestivo circa l’adesione allo sciopero. In aggiunta, gli adempimenti richiesti a sciopero già iniziato prevedevano prescrizioni articolate, la cui inosservanza era passibile di sanzioni disciplinari. Il sindacato, ritenendo tali disposizioni lesive del diritto di sciopero, promuoveva ricorso ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori per far accertare il carattere antisindacale delle stesse. Il tribunale di primo grado accoglieva la domanda relativamente agli adempimenti pre-sciopero. In secondo grado, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza 476/2022, non solo confermava quanto deciso dal giudice di primo grado ma estendeva la declaratoria di antisindacalità anche agli adempimenti richiesti durante lo sciopero. La società, non condividendo la decisione, presentava ricorso in Cassazione. In sede di legittimità venivano sollevati due motivi di ricorso. Il primo, relativo alla violazione e falsa applicazione degli articoli 40 e 41 della Costituzione, ruotava intorno al bilanciamento tra diritto di sciopero e diritto di iniziativa economica privata, che la società incentrava sull’esigenza di tutelare il proprio patrimonio aziendale, in particolare i ricavi raccolti dagli esattori prima dello sciopero. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente considerato che la scelta di aderire allo sciopero sarebbe divenuta effettiva solo dopo l’espletamento di attività poste a tutela del patrimonio aziendale, non potendo – tra l’altro – la scelta di aderire allo sciopero essere «illimitata nel tempo» Il secondo motivo di ricorso era incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 del Codice civile, in materia di onere della prova. La società lamentava che la sentenza impugnata non avrebbe chiarito il fondamento giuridico per cui sarebbe spettato al datore di lavoro dimostrare l’esistenza di soluzioni organizzative alternative rispetto a quelle adottate. La Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. In riferimento al primo motivo, la Corte ha riconosciuto che le disposizioni aziendali oggetto di causa incidevano concretamente sulla libertà di esercizio del diritto di sciopero, sia nella fase antecedente all’inizio dell’astensione, sia in quella successiva al momento iniziale dello sciopero, anche a causa dell’effetto intimidatorio delle sanzioni disciplinari previste. Ha inoltre specificato che tali disposizioni non sono legittime poiché finalizzate non alla tutela della “produttività”, intesa come mantenimento della funzionalità aziendale, cioè la possibilità per l’impresa di continuare a svolgere l’iniziativa economica senza compromissione di impianti, organizzazione istituzionale e/o livelli di occupazione, bensì alla mera “produzione”, ossia a ciò che viene meno come effetto naturale dell’esercizio della funzione di autotutela collettiva propria del diritto di sciopero dei lavoratori. Quanto al secondo motivo, la Corte ha precisato che la violazione dell’articolo 2697 del Codice civile ricorre solo qualora il giudice attribuisca l’onere della prova a una parte diversa da quella cui spetterebbe secondo i principi generali, distinguendo tra fatti costitutivi ed eccezioni. Dall’iter argomentativo della Corte emerge che la garanzia costituzionale del diritto di sciopero non esclude il potere organizzativo del datore di lavoro, né la possibilità di adottare soluzioni idonee a contenere il danno materiale derivante dall’astensione dal lavoro costituente la partecipazione allo sciopero da parte del personale subordinato. Tuttavia, tali misure non devono comportare una compressione della libertà di sciopero dei lavoratori, pena la loro illegittimità. È invece legittimo per il datore di lavoro impiegare mezzi legali per minimizzare le perdite economiche causate dallo sciopero, ma sempre nel rispetto della libertà sindacale, nel senso che tali interventi datoriali non devono produrre una coartazione della libertà di sciopero dei lavoratori. La portata della pronuncia non si esaurisce nella specifica fattispecie oggetto del giudizio. L’orientamento espresso dalla Cassazione offre una traccia operativa che le imprese sono chiamate a seguire nell’adozione di prassi aziendali finalizzate a contenere gli effetti economici negativi dello sciopero. L’ordinanza in esame comporta che le misure contenitive di tale pregiudizio sono ammissibili solo se finalizzate a garantire la “produttività” aziendale in senso tecnico, come la sicurezza e l’integrità degli impianti, la struttura organizzativa o la prosecuzione della regolare occupazione. Non sono invece legittime le misure che mirano esclusivamente a garantire la continuità dei ricavi o della produzione in senso stretto. L’ordinanza segnala dunque un rischio di soccombenza al procedimento per condotta antisindacale per quelle prassi interne che, seppur apparentemente neutre sotto il profilo della tutela degli interessi dell’impresa, impongono un’attenzione particolare su questo fronte da parte dei datori di lavoro in quanto possono risultare lesive della libertà di sciopero. Di qui la necessità, per le aziende, di valutare con particolare attenzione la natura e le finalità degli interventi organizzativi adottati in occasione delle astensioni collettive. L’ordinanza 29740 non rappresenta una novità assoluta nel panorama della giurisprudenza italiana in materia di sciopero e condotta antisindacale, ma si colloca in continuità con un orientamento consolidato che mira a bilanciare la tutela della libertà sindacale con l’esigenza del datore di garantire produttività ed efficienza, in particolare nei servizi di pubblico interesse come quelli autostradali. In questo senso, la pronuncia contribuisce a rafforzare il principio di un equilibrio dinamico tra le esigenze contrapposte delle parti, suggerendo l’adozione di pratiche aziendali attente sia ai diritti collettivi dei lavoratori sia alla necessità di assicurare la continuità e l’efficacia dei servizi offerti alla collettività. Un simile bilanciamento può incidere concretamente sulla gestione aziendale mediante l’adozione di prassi ponderate che consentano di soddisfare entrambe le esigenze opposte, tenendo in particolare considerazione la natura del servizio reso dall’impresa e il suo potenziale impatto sugli utenti.

Fonte: SOLE24ORE