Il Tribunale di Ferrara, con la sentenza 155 del 2 settembre 2025, ha stabilito che nell’ambito di un cambio appalto, quindi a seguito della disdetta del contratto di appalto, il committente può impiegare propri lavoratori per “sostituire” i lavoratori scioperanti dell’appaltatore, senza che ciò configuri condotta antisindacale in base all’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori. Si tratta di una pronuncia che, innestandosi su precedenti che avevano tratto conclusioni differenti, apre a una discussione di estrema complessità, giuridica e sindacale, che impone il non facile bilanciamento tra due diritti costituzionalmente garantiti: il diritto di sciopero (articolo 40 della Costituzione) e la libertà di iniziativa economica (articolo 41 della Costituzione). Andando con ordine, nel caso di specie sono almeno tre gli elementi essenziali che portano il Giudice alle predette conclusioni. In primo luogo, la dinamica di apparente “sostituzione” è avvenuta parzialmente e nell’ambito di un cambio appalto, dunque, a seguito della disdetta dal contratto di appalto. A tal proposito non sembra rilevare nemmeno, ai fini della decisione, che lo stesso committente avesse assunto parte del personale scioperante, in quanto i rapporti di lavoro sarebbero decorsi da una data successiva all’ultimo giorno dello sciopero. In secondo luogo, il committente ha impiegato nelle attività lavorative oggetto dell’appalto lavoratori già in forza, senza dunque ricorrere all’ingaggio esterno (tramite assunzione diretta o tramite somministrazione di lavoro mediante agenzie autorizzate) per sopperire ai lavoratori scioperanti dell’appaltatore. A ciò si aggiunga, inoltre, che non sono stati usati nemmeno strumenti di lavoro dell’appaltatore, dal momento che la committente aveva nella medesima sede propri muletti del tutto simili a quelli dell’appaltatrice. Né ha ostacolato in altro modo lo svolgimento dello sciopero del personale dell’appaltatore (è stato dimostrato, infatti, che lo sciopero ha comunque ottenuto lo scopo di impattare negativamente sull’attività produttiva dell’appaltatore), limitandosi, appunto, a impiegare propri lavoratori e propri mezzi per eseguire le lavorazioni. Per tali motivi, date le prime due condizioni richiamate sopra, la dinamica realizzata non sarebbe nemmeno equiparabile al caso dell’assunzione di personale esterno da parte del datore di lavoro che subisce lo sciopero dei propri dipendenti (cosiddetti crumiraggio esterno). A tale proposito, infatti, se la giurisprudenza consente al datore di lavoro, diretto destinatario dell’azione di lotta sindacale, di fronteggiare l’interruzione o il calo della produzione utilizzando altri lavoratori presenti nell’organico aziendale, seppure nei limiti normativamente previsti (Cassazione Sezione lavoro, Sentenza n. 8401 del 16 novembre 1987; Cassazione Sezione lavoro, 14 marzo 2024, n. 6787; Cassazione Sezione lavoro, Sentenza n. 26368 del 16 dicembre 2009; Cassazione Sezione lavoro, Sentenza n. 20164 del 26 settembre 2007; Cassazione Sezione lavoro, Sentenza n. 10624 del 9 maggio 2006; Cassazione Sezione lavoro, Sentenza n. 9709 del 4 luglio 2002), il Giudice si chiede per quale ragione l’azienda committente di un appalto genuino dovrebbe subire le conseguenze dell’astensione dal lavoro dell’impresa appaltatrice senza far nulla per attenuarne le conseguenze, entro i medesimi limiti normativi. E invero, in terzo luogo, il Giudice, muovendosi in senso opposto rispetto a precedenti giurisprudenziali (cfr. Tribunale di Milano, 16 febbraio 2002), sottolinea che la fattispecie di condotta antisindacale ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, trattandosi di procedimento speciale, non è suscettibile di interpretazione analogica e, a tal proposito, non può essere estesa al committente di un appalto - genuino - sulla base della semplice circostanza che la stessa svolge un ruolo economico e organizzativo che influisce sui lavoratori. Non solo. Il Tribunale di Roma, Sezione lavoro 3 marzo 2008, quale precedente conforme, aveva già affermato che il procedimento di repressione della condotta antisindacale non può essere esteso nei confronti di soggetti terzi estranei al rapporto di lavoro, nella specie l’utilizzatore della prestazione lavorativa all’interno di un rapporto di appalto. Pertanto la condotta antisindacale può applicarsi solo nel caso in cui il committente rivesta il ruolo di effettivo datore di lavoro dei lavoratori scioperanti sulla base del presupposto della non genuinità dell’appalto (caso in cui si sarebbe configurata una interposizione fittizia di manodopera). Da ultimo, dunque, sembra confermarsi centrale, anche nella dinamica sindacale, la concreta tenuta giuridica dell’appalto, che deve essere genuino, nel caso di specie, anche ai fini della non applicazione della condotta antisindacale al committente.
Fonte: SOLE24ORE