Tempo indeterminato con l’utilizzatore per il somministrato oltre 24 mesi

Tempo indeterminato con l’utilizzatore per il somministrato oltre 24 mesi

  • 13 Novembre 2025
  • Pubblicazioni
Il superamento del limite di 24 mesi nei rapporti di somministrazione a tempo determinato comporta la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo all’utilizzatore, in quanto tale limite si applica anche alle missioni successive del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice. La Corte di cassazione, con la sentenza 29577/2025, fornisce la propria lettura del limite temporale di 24 mesi e del principio di temporaneità nelle somministrazioni di lavoro. La vicenda riguarda un lavoratore impiegato per quasi quattro anni mediante una pluralità di contratti di somministrazione a termine, che ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nei confronti dell’impresa utilizzatrice. I giudici di merito hanno accolto la domanda, ritenendo che il superamento del limite dei 24 mesi, fissato dagli articoli 31 e 38 del Dlgs 81/2015, determini la costituzione del rapporto a tempo indeterminato. La società utilizzatrice ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo, da un lato, che il limite non sia applicabile alla somministrazione prima della riforma del 2020 e, dall’altro, che la violazione della durata massima possa comportare soltanto la trasformazione del rapporto con l’agenzia di somministrazione, non anche con l’utilizzatore. La Corte ha respinto in modo articolato tali tesi, partendo da un’interpretazione sistematica della normativa che valorizza il collegamento negoziale tra il contratto di lavoro con l’agenzia e il contratto commerciale tra agenzia e impresa utilizzatrice. Con riferimento al primo argomento, la Corte rileva che questo collegamento funzionale determinerebbe l’estensione automatica al rapporto di somministrazione delle regole dettate per il contratto a termine, compreso il limite di 24 mesi previsto dall’articolo 19 del Dlgs 81/2015 (come modificato dal decreto Dignità), che ha reso applicabile tale disciplina al rapporto tra somministratore e lavoratore e, di riflesso, all’utilizzazione in missione. Secondo la Corte, sarebbe illogico ritenere che l’agenzia non possa mantenere in servizio a termine un lavoratore oltre 24 mesi e che, tuttavia, l’utilizzatore possa continuare a impiegarlo tramite una successione di missioni senza limiti temporali. Il vincolo di durata si estende, quindi, da un rapporto all’altro poiché la somministrazione di lavoro è una fattispecie complessa di natura trilaterale che tende a un unico risultato economico e funzionale: la prestazione di lavoro subordinato in favore dell’utilizzatore. Da ciò deriva che, se la durata complessiva delle missioni supera il limite dei 24 mesi, la somministrazione diventa irregolare e, in applicazione dell’articolo 38 del Dlgs 81/2015, il lavoratore può chiedere la costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore fin dall’inizio della missione. La Corte afferma, inoltre, che questa interpretazione trova conferma nella disciplina introdotta in via transitoria dal Dl 104/2020, che aveva consentito la prosecuzione delle missioni oltre i 24 mesi solo nel caso di lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia. Tale disposizione, proprio perché eccezionale e limitata nel tempo, presuppone l’esistenza ordinaria del limite generale di durata delle missioni. La Cassazione richiama anche alcune sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea (cause C-681/18 e C-232/20), secondo le quali il ricorso ripetuto alle medesime persone mediante contratti di somministrazione successivi presso lo stesso utilizzatore può costituire un abuso quando la durata complessiva dell’attività non è più qualificabile come temporanea. La Corte respinge anche l’argomento secondo cui la sanzione dovrebbe colpire soltanto il rapporto tra lavoratore e agenzia. La sentenza ricorda che, in base a un principio consolidato nel nostro ordinamento, il vero datore di lavoro è chi utilizza in concreto la prestazione, e che l’evoluzione legislativa, dalla legge 1369/1960 al Dlgs 81/2015, conferma la prevalenza della realtà sostanziale su quella formale. Ne consegue che, quando la somministrazione eccede i limiti temporali o funzionali consentiti, il lavoratore deve essere considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Fonte:SOLE24ORE