Nel caso oggetto dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 27572 del 16 ottobre 2025, la Corte d'appello territorialmente competente confermava la pronuncia di primo grado di rigetto della domanda proposta da un lavoratore affinché venisse riconosciuto il suo diritto a non restituire all'INPS i ratei di pensione di anzianità percepiti, nonostante, al tempo della domanda, risultasse occupato presso un'organizzazione sindacale nell'ambito di un rapporto di lavoro “in nero”. Il lavoratore contestava, altresì, l'annullamento della contribuzione figurativa ex art. 31 Statuto dei Lavoratori che l'INPS gli aveva in precedenza accreditato sul presupposto – poi rivelatosi non veritiero – di un'assunzione presso un altro datore di lavoro, seguita da un distacco per attività sindacale presso l'organizzazione sindacale. In realtà, l'assunzione di fatto era stata effettuata direttamente da quest'ultima. La Corte d'appello riteneva che, con la sentenza passata in giudicato tra il lavoratore e l'organizzazione sindacale, era stata accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro “in nero”. Tale giudicato produceva effetti riflessi a vantaggio dell'INPS, sia in relazione al diritto alla ripetizione della pensione di anzianità, sia in ordine all'annullamento della contribuzione figurativa. Inoltre, non poteva configurarsi alcun diritto quesito rispetto all'accredito della contribuzione figurativa ed il diritto dell'INPS alla ripetizione dei ratei pensionistici sussisteva, in quanto lo stesso non era stato posto nelle condizioni di conoscere il rapporto di lavoro in essere, trattandosi di un rapporto “in nero” non comunicato. Avverso la decisione di merito ricorreva in cassazione il lavoratore, affidandosi a tre motivi, a cui l'INPS resisteva con controricorso. La Corte di Cassazione, investita della causa, ha innanzitutto richiamato l'art. 13 c. 1 L. 412/91 secondo cui “l'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite”. Ad avviso della Corte di Cassazione, il pensionato non ha comunicato all'INPS fatti incidenti sul diritto alla pensione di anzianità, ovvero l'esistenza di un rapporto di lavoro “in nero” alla data della domanda; circostanza incompatibile con il diritto alla pensione stessa. Inoltre, trattandosi di rapporto “in nero”, esso non poteva essere conosciuto dall'INPS. Pertanto, correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto sussistenti tutti i presupposti di cui all'art. 13 c. 1 L. 412/1991, legittimanti il diritto dell'INPS alla ripetizione delle somme indebitamente percepite dal lavoratore. Non possono neanche essere accolte, continua la Corte di Cassazione, le argomentazioni secondo cui l'omessa comunicazione all'INPS non sarebbe imputabile al lavoratore, al quale non si poteva chiedere di denunciare il proprio datore di lavoro, subendo il rischio di perdere l'impiego. Sul punto, la Corte di Cassazione chiarisce che non si tratta di alcuna scelta imposta al lavoratore; questi ha il diritto di pretendere dal proprio datore la regolarizzazione del rapporto, come del resto ha fatto agendo giudizialmente contro l'organizzazione sindacale. La mancata comunicazione all'INPS non può, quindi, essere legittimata dal mancato esercizio di un diritto del lavoratore nei confronti del proprio datore: il mancato esercizio, infatti, rappresenta una sua scelta personale, irrilevante nei confronti della sfera giuridica dell'INPS. La Corte di Cassazione continua, evidenziando che il diritto alla contribuzione figurativa non era mai sorto, mancando il relativo presupposto costitutivo. Durante l'intero periodo di accreditamento della contribuzione figurativa, infatti, il lavoratore non era alle dipendenze di un diverso datore di lavoro con successivo distacco presso l'organizzazione stessa per motivi sindacali, bensì era alle dipendenze di quest'ultima, con correlata sussistenza di posizione assicurativa nell'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) a carico di detta organizzazione. L'INPS, non essendo a conoscenza della reale situazione di fatto, aveva proceduto all'accredito di una contribuzione figurativa pur se ab origine non dovuta. La mancanza dei relativi presupposti costitutivi non può far sorgere alcun diritto né può essersi ingenerato alcun affidamento in capo al lavoratore che era pienamente a conoscenza della reale situazione di fatto. In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal lavoratore con condanna alle spese secondo soccombenza.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL