Congedi di paternità, per il genitore intenzionale l’opzione del riesame

Congedi di paternità, per il genitore intenzionale l’opzione del riesame

  • 6 Novembre 2025
  • Pubblicazioni
L’Inps torna sul congedo di paternità per il genitore intenzionale in una coppia di donne, il cui diritto allo stesso è stato sancito dalla Corte costituzionale nel mese di luglio (si veda la sentenza 115/2025). In prima battuta, l’istituto aveva stabilito che il diritto al congedo per il genitore in una coppia di donne iscritte nei registri dello stato civile, sorgesse dal 24 luglio 2025, giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in Gazzetta Ufficiale. Non erano stati però chiariti gli aspetti riguardanti le donne che avevano già fruito del congedo chiedendo l’anticipazione ai datori di lavoro e vedendoselo negare o che avevano chiesto il pagamento diretto all’Istituto e alle quali la domanda era stata respinta. In questi casi, con il messaggio 3322/2025, è stato chiarito che, se la richiesta non è ancora definita giudizialmente, la lavoratrice potrà presentare richiesta di riesame della domanda a pagamento diretto, mentre coloro che hanno avuto l’anticipazione da parte del datore di lavoro non dovranno restituire quanto ricevuto in anticipo per i congedi fruiti prima del 24 luglio. Naturalmente, coloro che invece avevano chiesto il congedo al datore di lavoro e non avevano avuto il pagamento dell’indennità, possono ora chiederlo direttamente a lui. In ogni caso, occorre prestare attenzione al fatto che non siano decorsi i termini di prescrizione (un anno da quando la prestazione è dovuta) e di decadenza nella presentazione dell’eventuale ricorso giudiziario (un anno dalla data di definizione del procedimento amministrativo): qualora i termini indicati siano compiuti, non ci sono rimedi possibili e l’indennità non può essere riconosciuta. Il congedo obbligatorio è pari a 10 giorni, elevabili a 20 giorni in caso di parti plurimi, durante i quali spetta il 100% della retribuzione, e può essere fruito anche durante il periodo di maternità obbligatoria dell’altro genitore. Per ottenerlo, la madre intenzionale deve presentare domanda al datore di lavoro che anticipa la prestazione e la conguaglia con i contributi con un anticipo di almeno 5 giorni, mentre le lavoratrici dipendenti per le quali non è prevista l’anticipazione da parte del datore di lavoro devono presentare domanda direttamente all’Inps. Il messaggio dell’Istituto in analisi evidenzia come lo scenario delle famiglie, nella nostra società, sia sensibilmente cambiato rispetto al passato. Ciò, evidentemente, obbliga a una maggiore attenzione nell’emanazione di norme e di disposizioni amministrative, le quali, se non tengono conto degli avvenuti cambiamenti, rischiano di finire nella tagliola della Consulta ed essere considerate anticostituzionali. Anche il recente bonus mamme previsto dall’articolo 6 del Dl 95/2025, regolamentato dall’Inps con la circolare 139/2025, potrebbe essere influenzato dagli effetti prodotti da questa metamorfosi di tipo sociale. Si pensi, per esempio, al caso di una coppia di donne, senza figli, che decidono di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (Pma), praticata all’estero il cui risultato è la nascita in Italia di una coppia di gemelli. Sul punto va ricordato che per effetto della sentenza della Corte costituzionale 68/2025 possono riconoscere i figli la madre che li ha partoriti ma anche la così detta “madre intenzionale” che si è dichiarata favorevole al ricorso alla fecondazione assistita. Pertanto, entrambe le donne divengono madri di due figli e, se sono lavoratrici dipendenti, hanno diritto al bonus, ferme restando le altre condizioni previste. Resta da chiedersi se in questa circostanza il diritto possa essere avanzato da entrambe le madri e quindi, di fatto, aspettarsi una duplicazione del beneficio. Dal punto di vista ermeneutico la norma di riferimento testualmente si rivolge alle «lavoratrici madri dipendenti». Peraltro, l’Inps nella circolare esplicativa non specifica se per ogni nucleo si può riconoscere un solo bonus. Si potrebbe, dunque giungere alla conclusione che entrambe le mamme potrebbero averne diritto anche se, in pratica, ciò realizzerebbe una disparità di trattamento rispetto ai nuclei familiari tradizionali composti da una coppia etero. Sarebbe interessante conoscere il parere dell’Istituto previdenziale in merito.

Fonte: SOLE 24 ORE