Impugnabile il verbale dell’Inl anche se non indica quanto si deve all’Inps
- 23 Ottobre 2025
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Il verbale unico notificato dall’Ispettorato del lavoro, con la contestazione di illeciti amministrativi che comportano un recupero di contributi previdenziali, può formare oggetto di ricorso giudiziario anche in assenza di una precisa quantificazione degli stessi e con un rinvio all’adozione di eventuali provvedimenti e successive iniziative dell’Inps. La Corte di cassazione (ordinanza 27132/2025), diversamente da precedenti orientamenti giurisprudenziali di primo e secondo grado in materia, ha accolto il ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’appello di Firenze che ha negato alla società ricorrente l’interesse ad agire per l’annullamento del verbale ispettivo. Secondo la Corte fiorentina, che ha respinto il ricorso presentato contro la sentenza di primo grado, nel verbale dell’Ispettorato nulla veniva specificato in termini di contributi dovuti e di loro quantificazione, regolandosi solo l’aspetto dell’illecito amministrativo compiuto. Ciò è tanto vero che, nel prevedere la trasmissione all’istituto di previdenza, si specificava che ciò avveniva per consentire l’adozione degli atti di sua competenza. Dunque non vi era «un provvedimento dell’Ispettorato che individuasse e quantificasse i contributi dovuti e che legittimasse una impugnazione di quel verbale...solo allorquando l’Inps avesse adottato i suoi provvedimenti, quali un verbale ispettivo in cui provvedeva ad effettuare un autonomo accertamento o un verbale di recepimento delle conclusioni dell’Ispettorato (in entrambi i casi, anche quantificando il dovuto) sarebbe insorto un interesse concreto e attuale alla loro contestazione giudiziale». Di parere avverso i giudici di legittimità. Dal momento che le violazioni accertate dagli ispettori circa la non corretta registrazione dei rapporti di lavoro sono presupposto per un recupero contributivo, secondo la Suprema corte il verbale unico di accertamento e notificazione è, nel concreto, un atto pregiudizievole e impugnabile. Il giudice, infatti, valuta non l’atto amministrativo ma il rapporto lavorativo e contributivo. Nell’ipotesi di un verbale che ravvisi violazioni idonee a dar luogo a recuperi contributivi, il destinatario ha interesse ad agire in accertamento negativo per rimuovere l’incertezza sulla sussistenza e sui contorni reali del rapporto lavorativo, e tanto radica un interesse concreto perché serve a evitare che si blocchi il diritto all’emissione del documento unico di regolarità contributiva (Durc) e a evitare che da quell’atto e quell’accertamento nascano obbligazioni contributive che il destinatario sarà, di seguito, tenuto a fronteggiare. Del resto, gli istituti previdenziali possono procedere all’emissione di atti per il recupero di contributi anche senza necessità di esperire ulteriori accertamenti, basandosi unicamente sul verbale dell’Inl. Tale circostanza espone l’impresa alla concreta possibilità di subire il recupero ponendola in una condizione di irregolarità contributiva che ne pregiudica l’ottenimento del Durc, con ciò che ne consegue in tema di presupposti per partecipare a gare d’appalto. Irrilevante quanto opposto dalla Corte fiorentina, come anche da altri giudici in precedenti occasioni, che nega l’interesse all’azione di accertamento negativo innanzi a verbali ispettivi ove non sia stata emessa la successiva ordinanza ingiunzione, stante che il verbale sprovvisto dell’ingiunzione è un atto che ha mera rilevanza endoprocedimentale e può essere impugnato solo in via amministrativa. La Cassazione chiarisce, però, che tale eccezione vale solo nella materia delle sanzioni amministrative, mentre in questo caso c’erano anche ricadute dal punto di vista contributivo.
Fonte: SOLE24ORE