Licenziamento legittimo per l’uso dello smartphone durante l’attività lavorativa

Licenziamento legittimo per l’uso dello smartphone durante l’attività lavorativa

  • 16 Ottobre 2025
  • Pubblicazioni
L’addetto alla movimentazione merci che, alla guida di un mezzo elettrico, utilizza il telefonino e gli auricolari personali per guardare un video durante il turno di lavoro, ignorando il richiamo dei preposti, non soltanto trasgredisce il generale dovere di diligenza nell’espletamento delle proprie mansioni ma viola anche le più comuni ed elementari norme di sicurezza sul luogo di lavoro. La gravità di tale condotta integra, pertanto, gli estremi della giusta causa di licenziamento. Questo il principio affermato dal Tribunale di Parma con sentenza 541/2025 del 18 settembre. Il caso portato all’attenzione del Giudice riguardava, in particolare, un lavoratore a cui, in sede di procedimento disciplinare, era stato contestato dal datore: 
a) l’uso del telefono ed auricolari personali mentre si trovata alla guida di un mezzo elettrico utilizzato per lo svolgimento delle mansioni assegnate; 
b) il tentativo di dissimulare tale condotta mediante il posiziona mento di tali auricolari sotto le cuffiette in normale dotazione consegnate per l’ordinario svolgimento della prestazione; 
c) la totale indifferenza mostrata dal lavoratore rispetto al richiamo dei preposti e del responsabile dell’appalto, rimasti completamente ignorati, avendo il lavoratore successivamente azionato il mezzo elettrico ed essendosi allontanato. 
Il dipendente impugnava il predetto licenziamento e, a sua giustificazione, invocava, oltre ad una serie di vizi formali inficianti il procedimento disciplinare, l’insussistenza del fatto contestato e, comunque, la sproporzionalità tra la sanzione espulsiva e la condotta. Richiamato il consolidato orientamento per cui grava sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza del fatto oggetto di contestazione, ricadendo sul lavoratore solo l’onere della prova in senso contrario come, ad esempio, una diversa dinamica dei fatti contestati, il Giudice istruiva la causa. All’esito dell’escussione dei testi, veniva accertato un quadro fattuale coerente rispetto agli addebiti posti a fondamento del licenziamento. Verificata, dunque, la sussistenza del fatto materiale, il Giudice procedeva alla valutazione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e addebiti, tanto sotto il profilo oggettivo, vale a dire la gravità dei fatti addebitati, quanto sotto quello soggettivo, per tale intendendosi l’intensità dell’elemento intenzionale. All’esito di tale analisi, il Tribunale concludeva nel senso di ritenere le concrete modalità di attuazione della condotta indici di una ostinata inosservanza degli obblighi essenziali discendenti dal rapporto di lavoro, essendo l’accaduto potenzialmente suscettibile di arrecare danno non soltanto agli interessi aziendali ma anche alla salute e sicurezza degli altri dipendenti presenti in magazzino. Peraltro, richiamato dai preposti, il lavoratore aveva ignorato le direttive e si era rimesso in moto con il mezzo, manifestando una totale incuranza del rispetto delle indicazioni dei superiori gerarchici. Da qui l’impossibilità di ricondurre i fatti ad una mera ipotesi di violazione «… del lavoratore che esegua il lavoro con provata negligenza», sanzionata dall’articolo 32 del Ccnl Trasporti, Logistica e Movimentazione Merci con una sanzione conservativa. Da ultimo, il Giudice escludeva la sussistenza dei vizi formali invocati dal lavoratore, primo tra tutti la pretesa mancata affissione del codice disciplinare. Sul punto, il Tribunale, richiamando consolidato orientamento, rilevava come i fatti addebitati al lavoratore configurassero una così grave violazione dei doveri fondamentali gravanti sul lavoratore di natura tale da essere immediatamente percepibile nel suo disvalore.

Fonte: SOLE24ORE