Il Tribunale della Spezia, con sentenza n. 241 del 3 ottobre 2025, è uno dei primi a confrontarsi con l'applicazione pratica dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 118 del 21 luglio 2025, che ha innovato il regime sanzionatorio per il licenziamento illegittimo nelle imprese con meno di 15 dipendenti. Il giudice spezino ha, infatti, statuito una condanna che prevede il superamento dell'ormai precedente tetto massimo di 6 mensilità per l'indennità risarcitoria. Prima dell'intervento della Consulta, l'art. 9 D.Lgs. 23/2015 disciplinava le conseguenze del licenziamento illegittimo intimato da datori di lavoro che non raggiungono le soglie dimensionali dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (c.d. "piccole imprese"). Per i vizi di giustificato motivo, la norma prevedeva una tutela esclusivamente economica, con un'indennità il cui importo era dimezzato rispetto a quello previsto per le aziende di maggiori dimensioni e, soprattutto, non poteva "in ogni caso superare il limite di sei mensilità". Questo limite massimo è sempre stato oggetto di particolare attenzione da parte degli interpreti, poiché, nei fatti, stabiliva una tutela che poteva risultare inadeguata all'effettivo pregiudizio subito dal lavoratore. In aggiunta a ciò, per azienda con una certa forza economico-finanziaria, rappresentava un deterrente di poca efficacia rispetto all'utilizzo del licenziamento quale modalità di cessazione del rapporto. Tali perplessità erano state già anticipate dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza "monito" n. 183 del 2022, in cui si evidenziava come l'esiguo scarto tra il minimo (3 mensilità) e il massimo (6 mensilità) vanificasse l'esigenza di adeguare l'importo alla specificità di ogni singola vicenda. Con la sentenza n. 118 del 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 9 c. 1 D.Lgs. 23/2015, limitatamente alle parole "e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità". La Corte ha motivato la sua decisione affermando che un tetto così basso e invalicabile comprime eccessivamente l'ammontare dell'indennità, trasformandola in una "liquidazione legale forfetizzata e standardizzata", inidonea a rispecchiare la specificità del caso concreto e a costituire un ristoro adeguato del pregiudizio sofferto dal lavoratore, in violazione dei principi di eguaglianza e di tutela della dignità della persona. La Consulta ha, quindi, rimosso il limite massimo, pur mantenendo la regola del dimezzamento degli importi minimi e massimi previsti per le aziende più grandi, ampliando così la forbice entro cui il giudice può muoversi. La sentenza del Tribunale della Spezia del 3 ottobre 2025, n. 241 si colloca esattamente in questo nuovo quadro normativo. Nella specie, il caso deciso dal Giudice del Lavoro della Spezia riguardava il licenziamento di una lavoratrice intimato per giustificato motivo oggettivo ("riduzione di personale") a seguito di un incendio che aveva reso inagibile uno dei punti vendita dell'azienda con conseguenti esuberi. Il giudice, pur riconoscendo la sussistenza di una reale esigenza organizzativa che giustificava la riduzione di personale (escludendo così la natura ritorsiva del recesso rivendicata dal ricorso, che come noto, richiede il motivo illecito come unica e determinante ragione del recesso), ha accertato l'illegittimità del licenziamento sotto un diverso profilo. Il Tribunale, ha infatti ricostruito la violazione da parte del datore di lavoro dei canoni di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) nella scelta della lavoratrice da licenziare. In presenza di più posizioni lavorative fungibili, il datore di lavoro aveva licenziato la ricorrente, nonostante un'altra dipendente avesse un'anzianità di servizio inferiore. L'applicazione dei nuovi principi nella quantificazione dell'indennità. La novità più rilevante della pronuncia risiede nella quantificazione dell'indennità risarcitoria. Richiamando espressamente la sentenza della Corte Costituzionale n. 118/2025, il Tribunale ha affermato la necessità di superare il vecchio limite delle 6 mensilità per determinare un risarcimento "adeguato al caso". Il giudice ha quindi proceduto a una "personalizzazione del risarcimento", fondando la sua decisione su una pluralità di criteri, in linea con le indicazioni della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 194/2018, n. 150/2020 e, ora, n. 118/2025). In particolare il Tribunale ha tenuto in considerazione i seguenti fattori:
anzianità di servizio: è stata valorizzata l'anzianità "apprezzabile" della lavoratrice, pari a quasi 5 anni. Questo criterio, pur non essendo più l'unico, rimane il punto di partenza della valutazione operata dal giudice;
dimensioni e forza economica dell'impresa: il giudice non si è fermato al mero dato numerico dei dipendenti (comunque prossimo alla soglia dei 15), ma ha considerato la "dimensionalità dell'impresa" nel suo complesso, che gestiva più punti vendita. In particolare, e ciò è abbastanza significativo, è stato respinto il valido argomento difensivo della società che eccepiva di avere un utile irrisorio (soli 100 euro), sottolineando che la capacità economica va valutata su indicatori più solidi come "il fatturato, il patrimonio, gli investimenti", elementi che la stessa Corte Costituzionale aveva indicato come più significativi del solo numero di occupati.
comportamento delle parti e circostanze del caso: il Tribunale ha tenuto conto della "specialità del caso", caratterizzato da una "situazione certamente di sopravvenuta ostilità verso la ricorrente", e della "natura del vizio", consistente nella violazione delle regole di correttezza e buona fede nella scelta della persona da licenziare. Sulla base di questa valutazione complessiva, il Tribunale della Spezia ha quantificato l'indennità risarcitoria da licenziamento illegittimo nella misura di 8 mensilità di retribuzione, superando così il limite di 6 mensilità precedentemente in vigore e dimostrando concretamente la portata innovativa della pronuncia della Consulta n. 118/2025. La sentenza del Tribunale della Spezia appare particolarmente emblematica rispetto a quelle che saranno le nuove prospettive aperte dalla Corte Costituzionale in materia di licenziamenti nelle piccole imprese. L'eliminazione del tetto massimo di 6 mensilità non rappresenta un mero ritocco quantitativo, ma un cambiamento qualitativo della tutela, a tutti gli effetti. Viene, quindi, demandato ai giudici di merito il compito di porre in essere un'analisi più approfondita e articolata, che non può prescindere da una valutazione particolarmente ponderata di tutti gli elementi del caso concreto. Per i datori di lavoro di piccole dimensioni, ciò comporta la fine della prevedibilità ex ante di un costo del licenziamento illegittimo contenuto e predeterminabile in una forbice ben ristretta, aumentando l'incertezza ma, al contempo, rafforzando l'efficacia deterrente della sanzione. Per i lavoratori, si traduce nella possibilità di ottenere un ristoro che non sia meramente simbolico, ma più incline ad essere commisurato al “danno” subito, all'anzianità maturata e alla gravità della condotta datoriale. La pronuncia in commento, oltre a recepire nel diritto vivente il principio costituzionale, lo traduce in una tutela concreta e personalizzata, provando a garantire quell'auspicato riequilibrio, almeno in parte, tra le posizioni delle parti nel rapporto di lavoro anche nelle realtà organizzative minori.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL