Lavoro carcerario, i crediti contributivi non si prescrivono in attesa della chiamata

Lavoro carcerario, i crediti contributivi non si prescrivono in attesa della chiamata

  • 13 Ottobre 2025
  • Pubblicazioni
Il lavoratori carcerari si trovano in una situazione del tutto particolare rispetto a quella degli altri lavoratori, che si riverbera su diversi aspetti, tra i quali la situazione di mera attesa rispetto alla chiamata al lavoro, che non li pone in condizione di poter scegliere, né di controllare il proprio percorso e che è stata oggetto di recente analisi giurisprudenziale (Corte di cassazione, sezione lavoro, 28 settembre 2025, n. 26300). Per la Corte di cassazione, in tale contesto, occorre innanzitutto considerare che la soggezione rispetto alla chiamata al lavoro e la preoccupazione che questa ingenera nel lavoratore carcerario producono i loro effetti sul percorso rieducativo e, pertanto, vanno correttamente valutate, anche ai fini del calcolo della prescrizione dei crediti contributivi. Le cessazioni intermedie dal lavoro durante la detenzione, secondo i giudici, devono pertanto considerarsi delle mere sospensioni del rapporto di lavoro e non delle vere e proprie cessazioni. Bisogna, in altre parole, valutare l’unico contesto di detenzione, caratterizzato da una chiamata e un periodo di lavoro secondo turni, per un tempo limitato, senza che sia possibile considerare l’attesa della chiamata, rispetto alla quale il detenuto non può fare nulla, alla stregua di una cessazione del rapporto. La prescrizione dei crediti contributivi, quindi, deve ritenersi decorrente dalla fine del rapporto di lavoro, da considerarsi unitario e senza interruzioni intermedie volontariamente concordate quando il detenuto si trova in attesa della “chiamata al lavoro”. La Cassazione ha comunque aggiunto che se sicuramente la fine dello stato di detenzione determina una cessazione del rapporto di lavoro, non si può escludere che anche prima della liberazione del soggetto detenuto il rapporto cessi per altre circostanze. Si pensi, ad esempio, all’impossibilità di continuare a lavorare in ragione dell’età, dello stato di salute o dell’inidoneità al lavoro. Anche in questi casi, ovviamente, la cessazione determina il decorso del termine di prescrizione.

Fonte: SOLE24ORE