Insubordinazione e attività sindacale
- 19 Settembre 2025
- Pubblicazioni
La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 29/2025, ha tracciato una netta linea di demarcazione tra l'esercizio dei diritti sindacali e la condotta di grave insubordinazione personale, confermando la legittimità di un licenziamento per giusta causa. Il caso riguardava un lavoratore che, a seguito di un diverbio, aveva rivolto espressioni offensive e minacciose a un superiore, rifiutandosi di proseguire l'attività. Il dipendente sosteneva che il suo comportamento rientrasse nell'ambito dell'attività sindacale, invocando la tutela contro le condotte discriminatorie prevista dall'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori. La Corte ha respinto tale tesi, chiarendo che le azioni del lavoratore erano del tutto estranee a un contesto di rivendicazione sindacale. Non si trattava di una manifestazione di dissenso tutelata, ma di un comportamento individuale che ha violato i doveri fondamentali del rapporto di lavoro. La giurisprudenza definisce l'insubordinazione non solo come il rifiuto di adempiere a disposizioni, ma come qualsiasi comportamento che pregiudichi l'esecuzione del lavoro nel quadro organizzativo aziendale; quando, come nel caso di specie, a tale condotta si aggiungono minacce e offese, il disvalore disciplinare si aggrava, potendo integrare una "grave insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso", fattispecie che numerosi contratti collettivi sanzionano con il licenziamento per giusta causa. Tale comportamento è considerato idoneo a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario, elemento essenziale del rapporto di lavoro, rendendo impossibile la sua prosecuzione anche provvisoria. La tutela ex art. 28 St. Lav. presuppone la dimostrazione di un nesso causale tra l'attività sindacale e il provvedimento datoriale, nesso che in questo caso è stato escluso. La decisione ribadisce che i diritti sindacali non possono fungere da scudo per condotte individuali che, per la loro gravità, integrano una giusta causa di licenziamento ai sensi dell'art. 2119 c.c.