Infortuni sul lavoro: quando l’azienda committente è responsabile
- 18 Settembre 2025
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In caso di infortunio sul lavoro occorso al dipendente di una ditta appaltatrice o subappaltatrice, il committente, per andare esente da responsabilità, non può limitarsi a dichiarare di non avere in alcun modo interferito con i lavori di quest’ultima, ma è tenuto a dimostrare il rispetto degli obblighi a lui imposti dalla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A precisarlo è la Corte di cassazione (sezione lavoro, 12 settembre 2025, n. 25113) nell’esaminare la pretesa di alcuni familiari di un lavoratore di essere risarciti per l’infortunio subito dal loro parente mentre lavorava per un’impresa terza. Per i giudici, il committente che affida specifici lavori a un’altra impresa e ha la disponibilità dei luoghi, non può esimersi dal rispetto di quanto previsto dal Dlgs 81/2008 e, in particolare, dall’articolo 26, che enuncia tutti gli obblighi connessi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione. In caso contrario, può ben essere ritenuto responsabile di un infortunio, a prescindere dal fatto che abbia o meno interferito direttamente con l’attività dell’azienda appaltatrice. Più in particolare, gli obblighi imposti dal predetto articolo 26, idonei a gestire e prevenire i cosiddetti rischi interferenziali, sono quelli di valutare i rischi medesimi, fornire adeguate informazioni, garantire la formazione del personale, adottare misure preventive e cooperare alla loro attuazione, oltre che coordinare le attività e controllare il rispetto di tutte le prescrizioni. Dovendo ritenersi ormai superata la concezione che configurava come eccezionale la responsabilità del committente, oggi quest’ultima (così come quella di ciascun eventuale subcomittente) deve ritenersi implicita nell’esecuzione di un’attività tramite contratti d’appalto ed è quindi sussistente in tutti i casi in cui il committente medesimo non abbia adempiuto ai propri obblighi in materia. Non basta, insomma, l’assenza della cosiddetta culpa in eligendo o in vigilando, né di qualsivoglia ingerenza nel servizio per poter escludere la responsabilità della committente. Con l’occasione, vista l’origine della controversia giudiziaria, la Corte di cassazione si è soffermata anche a chiarire quando il danno parentale subito dai familiari può considerarsi sussistente e quindi risarcibile. Secondo i giudici, chi agisce per il risarcimento di tale tipologia di danno in caso di infortunio di un proprio familiare deve dimostrare di essere stato leso dalla condizione del congiunto e può farlo anche per presunzioni, considerato che l’esistenza stessa del rapporto di parentela lascia presumere la sofferenza del familiare. Ciò posto, il datore di lavoro può in ogni caso provare l’assenza di un legame affettivo, dimostrata dall’indifferenza o addirittura dall’odio, e la conseguente insussistenza di un pregiudizio patrimoniale sofferto dal familiare per la lesione subita dal lavoratore.
Fonte: SOLE24ORE