Indennità Naspi e compatibilità con il lavoro subordinato

Indennità Naspi e compatibilità con il lavoro subordinato

  • 2 Settembre 2025
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La questione affrontata dalla sezione lavoro con la sentenza 19638/2025 riguarda la decadenza o meno dal diritto all’indennità Naspi nell’ipotesi in cui l’assicurato abbia instaurato un nuovo rapporto di lavoro di durata superiore a sei mesi, con reddito annuale superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale, e il datore abbia intimato il recesso unilaterale prima della scadenza del termine, per il mancato superamento del periodo di prova. Sul punto la norma del Dlgs 22/2015 applicabile è sostanzialmente l’articolo 9, nei primi due commi. Secondo il primo comma, il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la Naspi instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione è sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro. In base al comma 2, il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la Naspi instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla prestazione, sia pure ridotta, a condizione che comunichi all’Inps entro trenta giorni dall’inizio dell’attività il reddito annuo previsto. Vi è dunque un esito diverso, in merito alla permanenza dell’indennità, a seconda delle caratteristiche e del reddito relativo al rapporto di lavoro instaurato durante la Naspi. La disciplina è completata dall’articolo 11, comma 1, dello stesso Dlgs 22/2015, secondo cui l’inizio di un’attività lavorativa subordinata senza provvedere alle comunicazioni di cui all’articolo 9 comporta la decadenza dalla Naspi. In questo contesto normativo la decisione della controversia muove tra le opposte tesi: secondo l’ente previdenziale, ai fini della compatibilità della Naspi con il rapporto di lavoro subordinato rileva la circostanza della sottoscrizione di un contratto di lavoro dipendente di durata superiore a sei mesi, con reddito annuale previsto superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale, indipendentemente dallo sviluppo in concreto del rapporto o delle vicende che lo riguardano (licenziamento, superamento sei mesi, reddito percepito effettivamente). La tesi opposta, invece, evidenzia l’aspetto sostanziale, dal momento che, ai fini del giudizio di compatibilità indicato dall’articolo 9 citato occorre verificare se ex post siano stati integrati o superati i limiti di durata e di reddito indicati. La Cassazione segue questa ultima opzione interpretativa. Secondo un’interpretazione prima di tutto letterale dell’articolo 9, il riferimento all’instaurazione del rapporto di lavoro deve essere inteso come riferimento alle concrete modalità del rapporto di lavoro, cui si ricollega la decadenza della prestazione solo nell’ipotesi in cui la durata del rapporto sia superiore a sei mesi (giudizio ex post) In entrambe le previsioni dei primi due commi dell’articolo 9 il precetto, secondo la Corte, è riferito all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, e non vi sono elementi da cui desumere che la decadenza si attui in astratto sulla durata concordata superiore a sei mesi e retribuzione pattuita superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale. Altrimenti non avrebbe senso la previsione del secondo comma dell’articolo 9 volta ad impedire che il lavoratore, rimasto senza occupazione prima della scadenza del contratto e non ancora decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto, si trovi sprovvisto di tutela e sia costretto a una nuova domanda di disoccupazione soggetta a rigorosi termini di decadenza e tempi di definizione. Sotto altro profilo, occorre ricordare che la prestazione di disoccupazione ha come scopo quello di tutelare il lavoratore in presenza di uno stato di disoccupazione involontario. Per cui le ipotesi di decadenza, nelle quali si verifica la perdita dello stato di disoccupazione tutelabile, sono necessariamente solo quelle indicate dalla norma (articolo 11) e non possono essere oggetto di interpretazioni estensive, come quella dell’Inps adottata nel caso di specie. Anche se è giusto ricordare che recentemente la Cassazione, in tema di compatibilità tra Naspi e trattamento pensionistico, sembra discostarsi dalla verifica della situazione sostanziale, affermando che risulta indebita la prestazione di disoccupazione versata a chi abbia già i requisiti anagrafici e contributivi della pensione di vecchiaia o di anzianità, indipendentemente dall’effettiva richiesta del trattamento (Cass. 11659/2024; 11965/2024; 2287/2024).

Fonte: SOLE24ORE