Delocalizzazioni: procedure e penali
- 28 Settembre 2022
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Il decreto legge Aiuti-ter rende più stringenti i vincoli procedurali introdotti dalla legge di Bilancio 2022 per le cessazioni delle attività produttive di grandi aziende. La disciplina di contrasto alle “delocalizzazioni” è stata introdotta dalla legge 234/2021 e si applica alle grandi imprese, non in crisi, con almeno 250 dipendenti, che intendano cessare un’attività che comporti il licenziamento di più di 50 persone. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare l’intenzione di chiudere non solo alle rappresentanze sindacali, bensì anche a Regioni, ministero del Lavoro, ministero dello Sviluppo economico e Anpal. Si allungano così a dismisura i tempi della procedura collettiva che può arrivare sino a 255 giorni (60+120+45+30, quasi 8 mesi e mezzo) durante i quali il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere le retribuzioni, oltre ai relativi oneri contributivi. I licenziamenti, infatti, sono preclusi in quanto nulli se intimati senza l’avvio della procedura preventiva, nonché – altra novità – in ogni caso prima dello scadere dei 180 giorni (precedentemente erano 90) o del minor termine entro il quale viene sottoscritto il piano. Per scoraggiare le procedure che non si concludano con accordi tra le parti, il decreto legge ha poi «innalzato del 500%» il contributo previsto per i licenziamenti collettivi che vengano intimati senza accordo sindacale (prima era maggiorato del 50%). Infine, è stato imposto un obbligo di restituzione di qualsiasi tipo di sussidio pubblico percepito nei dieci anni precedenti, se la cessazione di attività comporti una riduzione di personale superiore al 40% nell’unità interessata (di fatto è presumibile che avverrà pressoché sempre): la restituzione avverrà in maniera proporzionale alla percentuale di riduzione del personale.