Anche nel 2026 contratti a termine con causali individuali
- 8 Agosto 2025
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Con la legge di conversione del decreto Economia (Dl 95/2025), è stato prorogato di un anno – dal 31 dicembre 2025 al 31 dicembre 2026 – il termine entro il quale le parti individuali, in assenza di una disciplina collettiva, possono continuare a definire in autonomia le causali che legittimano l’apposizione del termine oltre i 12 mesi ai contratti a termine, anche in somministrazione. Una novità importante che si comprende bene solo ricostruendo il quadro normativo che risulta dopo questa nuova proroga. La regola generale, contenuta nell’articolo 19 del Dlgs 81/2015, prevede che il contratto a termine (sia ordinario che a scopo di somministrazione) possa essere stipulato liberamente, senza necessità di indicare alcuna motivazione, per una durata massima di 12 mesi. Entro tale limite, anche proroghe e rinnovi restano liberi da obblighi di causale. Se però il rapporto supera la soglia dei 12 mesi, per scadenza iniziale o in virtù di proroghe o rinnovi, la situazione cambia: in base alle modifiche introdotte dal Dl 48/2023, che ha reso meno rigido il sistema fino ad allora vigente, il contratto può proseguire – fino a un massimo di 24 mesi – solo se ricorre uno dei “casi” previsti da contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (secondo l’articolo 51 dello stesso Dlgs 81/2015). Il legislatore del 2023, consapevole del fatto che i contratti collettivi non sarebbero stati in grado di recepire da subito questa nuova disciplina, ha introdotto una disciplina transitoria: fino al 30 aprile 2024, in assenza di previsioni collettive, le parti individuali potevano indicare direttamente nel contratto le «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva» che giustificavano la prosecuzione oltre i 12 mesi. Questa soluzione, nata come ponte temporaneo, si è dimostrata rapidamente indispensabile, tanto che la scadenza iniziale è stata prorogata dapprima al 31 dicembre 2024 (con la legge di conversione del Dl 132/2023), poi al 31 dicembre 2025 (con il Dl 19/2024, convertito nella legge 56/2024) e ora, con l’intervento del Dl 95/2025, al 31 dicembre 2026. È facile prevedere che quella del 2026 non sarà l’ultima proroga. Gli accordi collettivi, infatti, non sono strumenti normativi di rapida definizione, e non sempre si riesce a raggiungere un consenso tra le parti su una disciplina condivisa dei contratti a termine. Il rinvio all’autonomia individuale, quindi, si rivela non solo utile ma necessario, per evitare che l’assenza o il ritardo della contrattazione collettiva paralizzi l’utilizzo del contratto a termine oltre i 12 mesi. C’è, anzi, da chiedersi per quale ragione il legislatore, nell’apprezzabile intento di non far decadere troppo presto il rinvio all’autonomia individuale, non abbia avuto un maggiore coraggio, rendendo strutturale un meccanismo che, di rinvio in rinvio, risulta di fatto indispensabile. Mentre le scadenze continuano a slittare, resta invece invariata la disciplina applicabile per la corretta scrittura delle causali. Qualora siano intervenuti accordi collettivi, questi devono individuare con precisione i “casi” che giustificano l’apposizione del termine oltre i 12 mesi e il contratto individuale deve contenere un chiaro e specifico riferimento al caso previsto. In assenza di contrattazione collettiva, invece, le parti individuali devono individuare per esteso nel contratto le “esigenze” di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’estensione del rapporto a termine.
Fonte: SOLE24ORE