Il committente che fornisce indicazioni generali non ingerisce nell’appalto

Il committente che fornisce indicazioni generali non ingerisce nell’appalto

  • 5 Agosto 2025
  • Pubblicazioni
L’ordinanza 16153/2025 della Cassazione riveste particolare interesse perché affronta, nell’ambito di un settore (la logistica) dove il ricorso agli appalti è significativo, il delicato tema della relazione tra appaltante e appaltatore e, in particolare, dei limiti di intervento del primo rispetto alla realizzazione dei servizi affidati al secondo. La Cassazione, condividendo la valutazione di legittimità dell’appalto effettuata dal giudice di merito, ha rilevato che non costituisce una indebita ingerenza nella gestione e direzione dei lavoratori dell’appaltatore, la condotta dell’appaltante concretizzatasi nelle indicazioni generali relative alla realizzazione dell’attività conferita in appalto. Viene così chiarita la distinzione tra la legittima azione del committente che interagisce con l’appaltatore (o con i suoi preposti) quanto alle modalità di esecuzione del servizio appaltato e l’illegittima ingerenza del committente nella gestione dei rapporti di lavoro del personale impiegato dall’appaltatore per la realizzazione dei servizi a lui affidati. Nello specifico, la facoltà del committente di dare indicazioni in ordine ai luoghi dove le merci dovevano essere consegnate è stata ritenuta legittima, in quanto riconducibile alla fase di attuazione del contratto di appalto e alla necessaria relazione che essa implica tra le parti contrattuali, trattandosi di determinazione di ordine generale, volta a individuare talune modalità (di luogo o di tempo) del servizio e non, invece, a impartire ordini agli autisti impiegati dall’appaltatore nel servizio. Infatti, secondo quanto accertato nel giudizio di merito, la prestazione lavorativa era stata organizzata e diretta dall’appaltatore nell’esercizio dei poteri di cui è titolare in quanto datore di lavoro, senza interferenze da parte del committente. Inoltre, l’assegnazione da parte del committente di alcune dotazioni utilizzate dai dipendenti dell’appaltatore - telefono, palmare e un foglio di resoconto (cosiddetto debreef sheet) - è stata ritenuta coerente con l’esigenza di assicurare un più efficiente svolgimento del servizio e per verificarne la corretta esecuzione. Né l’utilizzo di questi strumenti implicava una direzione del lavoro da parte del committente. L’azione del committente è stata, dunque, ritenuta coerente con i suoi poteri di verifica e supervisione delle generali modalità di esecuzione del servizio appaltato e, comunque, non idonea a inficiare la liceità dell’appalto, non avendo ad oggetto l’organizzazione e la direzione del personale impiegato dall’appaltatore, a quest’ultimo esclusivamente rimesse. Si tratta di una decisione condivisibile, non potendosi impedire al committente di intervenire nella fase di esecuzione del contratto di appalto per determinare le modalità di realizzazione del servizio, anche controllandone la qualità e tempestività in conformità ai livelli del servizio convenuti nel contratto di appalto. Ciò, infatti, non interferisce sull’esercizio dei poteri datoriali dell’appaltatore sul personale impiegato nell’appalto. A tali principi dovrebbero attenersi gli operatori nella fase sia di formulazione che di esecuzione del contratto di appalto, nella consapevolezza di una distinzione - chiarissima in teoria, ma non esente da incertezze nella pratica - tra i due contratti, quello di appalto e quello di lavoro, necessaria per stabilire quali siano le azioni esperibili da parte del committente nell’esecuzione del primo contratto e invece quali ingerenze gli sono inibite nella esecuzione del secondo contratto. Esecuzione che è riservata soltanto all’appaltatore nella sua qualità di datore di lavoro e che, certamente, non può esaurirsi nella mera gestione amministrativa dei dipendenti impiegati nell’appalto.

Fonte: SOLE24ORE