Lavoro agile non autorizzato, legittima la sanzione espulsiva

Lavoro agile non autorizzato, legittima la sanzione espulsiva

  • 30 Luglio 2025
  • Pubblicazioni
Il Tribunale di Ragusa, con sentenza dell’11 luglio 2025, ha dichiarato legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva svolto attività lavorativa in regime di smart working senza la preventiva autorizzazione del datore di lavoro. Nello specifico, detto lavoratore (con qualifica di Quadro) aveva lavorato, per un numero rilevante di giorni, in regime di lavoro agile senza avere ottenuto l’autorizzazione dal proprio datore di lavoro che, dopo avergli contestato la relativa condotta (anche in considerazione del fatto che la modalità a cui aveva fatto ricorso il lavoratore non era prevista per il ruolo dallo stesso ricoperto), sanzionava l’illegittimo comportamento del dipendente con il licenziamento. A motivazione dell’asserita illegittimità del recesso operato dall’azienda, il lavoratore assumeva che nessuna autorizzazione allo smart working sarebbe stata necessaria; che la normativa in materia avrebbe assicurato ai dipendenti con figli minori di anni 14 e coniuge anch’esso lavoratore il diritto – fino ad una certa data – allo svolgimento della prestazione lavorativa in regime di lavoro agile; che il lavoratore sarebbe stato in possesso di detti requisiti e che, quindi, nessun accordo tra le parti sarebbe stato necessario, anche perché non previsto da alcuna norma del Ccnl di settore; quanto sopra, oltre al fatto che, comunque, il dipendente aveva informato il proprio superiore che avrebbe lavorato da casa e che, ad ogni modo, vi sarebbe stata sproporzione tra la condotta contestata e la sanzione espulsiva. Nel motivare l’infondatezza di dette argomentazioni, Il Tribunale, dopo avere ribadito il principio per cui il lavoro agile (o smart working) costituisce una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato da definirsi «attraverso un accordo tra le parti» (come previsto dall’articolo 18, comma 1, della legge 81/2022 e successive modifiche) e avere richiamato il “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato (sottoscritto nel dicembre 2021 dal ministero del Lavoro e dalle Parti sociali) ove viene affermato – tra l’altro – che l’adesione allo smart working è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale (che deve quindi risultare per iscritto) tra datore di lavoro e lavoratore, dal quale le parti hanno diritto di recedere, ha rilevato che lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile «non costituisce un diritto pieno del lavoratore», risultando comunque subordinato all’autorizzazione della parte datoriale e alla sottoscrizione di specifico accordo nel cui ambito vengono descritti gli aspetti rilevanti della prestazione stessa, secondo quanto disposto dalla legge e dal menzionato Protocollo. Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale ha ritenuto legittima la sanzione espulsiva, evidenziando che la formalizzazione dell’accordo scritto sul lavoro agile non può essere validamente sostituita dalla mera (informale) notizia dello svolgimento dello stesso data dal dipendente al proprio superiore gerarchico e, inoltre, che nessuna rilevanza può avere il fatto che il Ccnl di settore non richieda alcuna autorizzazione del datore di lavoro allo svolgimento dell’attività lavorativa in regime di smart working, la cui necessità si desume dalle previsioni di legge tra cui l’obbligo – in capo al datore di lavoro – di comunicare al ministero del Lavoro i nominativi dei dipendenti con cui lo stesso abbia concordato il lavoro agile e la data di inizio e cessazione dello stesso. Da ultimo, nel confermare la proporzionalità del provvedimento irrogato, la sentenza ha evidenziato il «disvalore disciplinare» della condotta posta in essere dal lavoratore, stante la reiterazione della stessa e tenuto altresì conto del livello di inquadramento dell’interessato.

Fonte: SOLE24ORE