Legittimo il patto di prova con mansioni specifiche
- 28 Luglio 2025
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È legittimo il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova se il patto specifica le mansioni da svolgere tramite il richiamo alla contrattazione collettiva e alla categoria di appartenenza. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con l’ordinanza 15326 depositata il 9 giugno 2025. È stata quindi respinta la tesi della ricorrente, che lamentava l’illegittimità del patto. In particolare, la lavoratrice sottolineava la non corrispondenza delle mansioni indicate nel proprio contratto di assunzione come operatrice di back office e contact center, rispetto ai profili professionali del contratto collettivo applicabile – Ccnl Cooperative sociali – perché tutti riguardanti mansioni di ambito socio sanitario e assistenza alla persona, proprio delle cooperative sociali, ma estranee a quelle effettivamente svolte presso il datore di lavoro, con conseguente difetto di indicazione, anche per relationem, delle mansioni nel patto di prova che, pertanto, sarebbe stato nullo. La Corte ha osservato che la causa del patto di prova consiste nella tutela dell’interesse di entrambe le parti contrattuali a sperimentare la reciproca convenienza del rapporto di lavoro. Per evitare l’illegittimità del patto per incoerenza con la causa, è necessario che esso contenga appunto anche la specifica indicazione delle mansioni in relazione alle quali l’esperimento deve svolgersi. Ciò in quanto il datore di lavoro, nell’esprimere la propria valutazione insindacabile sull’esito del periodo di prova, deve basarsi su compiti chiaramente indicati nel contratto e definiti all’inizio del rapporto. Secondo la Corte, la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto e che il patto di prova deve contenere, può essere effettuata anche con riferimento alle declaratorie del contratto collettivo, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico. Pertanto, se la categoria di un determinato livello accorpa una pluralità di profili, è necessaria l’indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria. Nelle precedenti fasi del giudizio, i giudici avevano appunto accertato la specificità della indicazione nel contratto di assunzione delle mansioni della lavoratrice e la chiara individuazione del suo inquadramento, per il richiamo alla contrattazione collettiva e alla categoria di appartenenza. Ne consegue la legittimità del patto di prova, e il conseguente rigetto del ricorso. I principi espressi nell’ordinanza della Cassazione sono stati applicati in precedenza anche dalla Corte d’Appello di Milano con la sentenza 1588 del 2022, che ha così efficacemente sintetizzato i requisiti di validità del patto: «Il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover risultare da atto scritto, deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto; dette mansioni, tuttavia, non devono necessariamente essere indicate in dettaglio, essendo sufficiente che siano determinabili, anche per relationem, mediante il richiamo al contratto collettivo sicché, per la validità del patto di prova, è sufficiente specificare la categoria e il livello, in relazione al contratto collettivo di riferimento, cui il lavoratore appartiene». Questi principi sono corollario ed estensione della regola posta dall’articolo 2096 del Codice civile, secondo cui la forma scritta del patto è requisito sostanziale di validità. Secondo la Corte d’Appello di Messina, poi, «l’assegnazione del lavoratore a mansioni differenti da quelle stabilite nel patto di prova integra un vizio funzionale della clausola di prova: ciò non ne determina la nullità, ma attribuisce al lavoratore il diritto di completare il periodo di prova nelle mansioni pattuite oppure di ottenere il risarcimento del danno subito». (sentenza 591 del 26 febbraio 2025). Infine, è consolidato il principio secondo cui, dato che la causa dell’apposizione del patto consiste nella sperimentazione reciproca alla convenienza del rapporto di lavoro, se tra le stesse parti si è svolto un precedente rapporto di lavoro con le stesse mansioni e il patto di prova viene stipulato in momento di poco successivo all’estinzione, il patto stesso è illegittimo» (Cassazione, sentenza 6230 del 2025).
Fonte: SOLE24ORE