Licenziamento per Controlli Investigativi: prova inutilizzabile anche se fatto sussistente
- 28 Luglio 2025
- Pubblicazioni
Il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 562/2025, ha dichiarato illegittimo un licenziamento per giusta causa basato su indagini di un'agenzia investigativa, offrendo importanti chiarimenti sui limiti dei controlli difensivi e sulle conseguenze sanzionatorie. Una lavoratrice era stata licenziata per appropriazione indebita di somme di denaro, accertata tramite investigatori privati. Il Giudice ha annullato il licenziamento per tre vizi procedurali che hanno reso le prove raccolte inutilizzabili ai fini disciplinari:
1) Assenza di un legittimo sospetto preventivo: Il datore di lavoro non ha provato di avere "concreti indizi" prima di avviare le indagini. Le allegazioni generiche su ammanchi e verifiche informali non sono state ritenute sufficienti a giustificare un controllo così invasivo, che deve essere attivato solo ex post rispetto al sorgere di un sospetto fondato;
2) Mancanza del mandato scritto all'investigatore: non è stato prodotto l'incarico scritto all'agenzia, richiesto dalle regole deontologiche del Garante Privacy, che il Tribunale qualifica come "fonti normative integrative". Tale documento deve specificare il diritto da tutelare e i nominativi degli investigatori che eseguiranno materialmente le indagini.
3) Violazione del diritto di difesa: Alla lavoratrice non è stata consegnata la documentazione investigativa durante il procedimento disciplinare, impedendole una difesa adeguata, in violazione dei principi di correttezza e buona fede. Nonostante l'illegittimità del licenziamento, il Tribunale non ha disposto la reintegrazione. Le testimonianze degli investigatori, pur derivando da un'attività illegittima, sono state ritenute idonee a dimostrare la "sussistenza del fatto materiale" ai fini della scelta della tutela applicabile. Di conseguenza, il Giudice ha applicato la tutela indennitaria prevista dall'art. 3, co. 1, D.Lgs. 23/2015, dichiarando risolto il rapporto e condannando il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria. La reintegrazione, prevista dal comma 2 dello stesso articolo, spetta infatti solo in caso di "insussistenza del fatto materiale contestato", circostanza qui esclusa dall'esito dell'istruttoria.