Comportamento offensivo non è molestia

Comportamento offensivo non è molestia

  • 24 Luglio 2025
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Con la recente ordinanza n. 20420 del 21 luglio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha ribadito un principio fondamentale in materia di licenziamenti disciplinari: un comportamento offensivo sul luogo di lavoro, seppur disciplinarmente rilevante, non legittima automaticamente il licenziamento per giusta causa se non integra la più grave fattispecie di molestia sessuale. Nel caso di specie, un lavoratore era stato licenziato per una condotta ritenuta inappropriata nei confronti di una collega. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano annullato il recesso, non ravvisando nella condotta gli estremi della molestia. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del datore di lavoro, chiarendo la distinzione cruciale tra diverse fattispecie di illecito disciplinare. I giudici hanno evidenziato che, sebbene il comportamento fosse "indesiderato", mancava della "connotazione sessuale" e non aveva creato quel "clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo" richiesto dall'art. 26 del D.Lgs. n. 198/2006 per configurare una molestia sessuale. L'elemento decisivo, secondo la Corte, è stata la corretta qualificazione del fatto alla luce delle previsioni del CCNL Cooperative Sociali applicabile. La condotta è stata ricondotta alla fattispecie di "contegno scorretto e offensivo verso i colleghi", punita con una sanzione conservativa, e non a quella di "gravi comportamenti lesivi della dignità della persona", che avrebbe giustificato il licenziamento. Di conseguenza, è stata confermata l'applicazione della tutela reintegratoria prevista dall'art. 18, comma 4, della Legge n. 300/1970, che si impone proprio nei casi in cui il fatto contestato, pur sussistente, sia punito dal contratto collettivo con una sanzione non espulsiva. La pronuncia riafferma l'importanza di un'analisi fattuale rigorosa e il rispetto della scala valoriale definita dalle parti sociali. Non ogni atto sgradevole può essere qualificato come molestia, e la sanzione deve essere sempre proporzionata alla gravità della condotta effettivamente accertata.