Legittimo il licenziamento del dipendente sottoposto a misura interdittiva

Legittimo il licenziamento del dipendente sottoposto a misura interdittiva

  • 23 Luglio 2025
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Un’operatrice sociosanitaria ha impugnato il licenziamento intimatole dalla casa di riposo per anziani presso cui lavorava in seguito all’applicazione, nei suoi confronti, della misura cautelare dell’interdizione per 6 mesi dall’esercizio dell’attività lavorativa. Il Tribunale di Larino ha ritenuto illegittimo il licenziamento, ma la Corte d’appello di Campobasso, con sentenza 43/2025 del 30 giugno, ha riformato tale decisione, dichiarando la legittimità del medesimo. Il collegio molisano ha evidenziato che non sussistevano gli estremi del giustificato motivo soggettivo di licenziamento, poiché l’astensione della dipendente dal lavoro non era a lei imputabile, essendo dovuta alla predetta misura interdittiva. Tuttavia ha rilevato che la sottoposizione della lavoratrice a quest’ultima avrebbe, comunque, potuto legittimarne il licenziamento per giustificato motivo oggettivo qualora la casa di riposo, in base a una valutazione ex ante e non ex post, non avesse avuto interesse a ricevere dalla stessa ulteriori prestazioni. In proposito, la Corte d’appello ha precisato che tale valutazione avrebbe dovuto tenere conto di tutte le circostanze rilevanti, quali le dimensioni dell’impresa, il tipo di organizzazione tecnico-produttiva, la natura e l’importanza delle mansioni della dipendente, il periodo di assenza già maturato, la ragionevolmente prevedibile ulteriore durata dell’impedimento e la possibilità di affidare temporaneamente ad altri le mansioni senza necessità di ulteriori assunzioni. In applicazione del principio sopra illustrato, i giudici hanno affermato che il licenziamento era legittimo sotto il profilo del giustificato motivo oggettivo, poiché l’improvvisa e duratura assenza dal lavoro (per 10 giorni alla data del recesso, con presumibile protrazione per almeno 6 mesi), nonché di altri 8 dipendenti su 12 della struttura, tutti con mansioni strettamente connesse alla cura degli ospiti, aveva determinato la perdita di un interesse apprezzabile del datore di lavoro all’eventuale ulteriore prestazione lavorativa della medesima e la conseguente sussistenza di un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione, in base agli articoli 1463 e 1464 del Codice civile. Al riguardo, la Corte d’appello ha precisato che era irrilevante il fatto che la misura interdittiva applicata alla lavoratrice era stata poi revocata in tempi brevi, considerato che la valutazione, come già evidenziato, doveva essere effettuata ex ante e non ex post. Infine, il Collegio ha chiarito che, pur trattandosi di un recesso per giustificato motivo oggettivo, la casa di riposo non era tenuta al repêchage, considerato che la dipendente, nel periodo in cui era soggetta alla misura cautelare interdittiva, non era in grado di svolgere alcuna attività lavorativa.

Fonte: SOLE24ORE