Licenziamenti illegittimi, alt al tetto di sei mesi di indennità
- 22 Luglio 2025
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Per le piccole imprese fino a 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, è incostituzionale il tetto dell’indennità risarcitoria di sei mensilità. Viene meno un’altra norma del Jobs act con la sentenza numero 118/2025 che la Consulta ha depositato il 21 luglio, che fa riferimento all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 23 del 2015 secondo cui nei licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - non occupando più di quindici lavoratori presso un’unità produttiva o nell’ambito di un comune e comunque non più di sessanta dipendenti -, l’ammontare dell’indennità risarcitoria «non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità» dell’ultima retribuzione. Secondo il dispositivo della Corte costituzionale l’imposizione del limite massimo di 6 mensilità «fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento», in aggiunta alla previsione del dimezzamento degli importi indicati agli articoli 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del decreto legislativo 23/2015, fa sì che l’ammontare dell’indennità sia «circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato», né da «assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro».L’effetto concreto di questa pronuncia è che se per le grandi imprese in caso di licenziamento illegittimo sanzionato con l’indennizzo risarcitorio, il range da corrispondere al lavoratore resta compreso tra 6 e 36 mensilità, per le piccole imprese fino a 15 dipendenti, restando la regola del dimezzamento delle mensilità, rispetto al precedente limite compreso tra un minimo di 3 ad un massimo di 6 mensilità, adesso con il venir meno della soglia di 6 mensilità si passa ad una forbice più estesa compresa tra un minimo di 3 e un massimo di 18 mensilità sulle quali potrà decidere il giudice del lavoro.«Si tratta di una sentenza che era facilmente immaginabile - spiega il professor Carlo Zoli, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Bologna - perché la Corte Costituzionale con la sentenza 183 del 2022 aveva di fatto già evidenziato l’illegittimità dell’articolo 9 del Dlgs 23 del 2015, lanciando un monito al legislatore affinchè intervenisse, altrimenti sarebbero intervenuto i giudici della Consulta. In assenza di un intervento del legislatore, dunque, è arrivato il pronunciamento della Consulta. Si ritiene indispensabile la possibilità di personalizzare il danno subito dal lavoratore nella valutazione del giudice, non possibile con una forbice ristretta tra 3 e 6 mensilità che adesso viene allargata da 3 a 18 mensilità».Va ricordato che il tema del tetto massimo di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo da parte di un lavoratore di una piccola impresa è stato oggetto del secondo dei quattro referendum proposti dalla Cgil che non hanno raggiunto la soglia di votanti a giugno; in quel caso, però si proponeva di eliminare del tutto la soglia massima, lasciando del tutto alla decisione del giudice l’ammontare complessivo dell’indennizzo da riconoscere al lavoratore.La Corte, con la sentenza depositata ieri ha anche ribadito l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti dei dipendenti delle piccole imprese, richiamando la legislazione europea e quella nazionale, dove anche se con riferimento ad altri settori (come per la crisi dell’impresa), il «criterio del numero dei dipendenti non è l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa», e quindi della «sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi»
Fonte: SOLE24ORE