Retribuzione doppia in caso di illegittimità del trasferimento d’azienda

Retribuzione doppia in caso di illegittimità del trasferimento d’azienda

  • 22 Luglio 2025
  • Pubblicazioni
In base all’articolo 2112 del Codice civile, il trasferimento di un ramo d’azienda comporta il passaggio, in capo alla società cessionaria, dei rapporti di lavoro attinenti al ramo ceduto. Se la cessione viene giudizialmente dichiarata illegittima, il lavoratore precedentemente ceduto acquisisce il diritto di ritornare in servizio presso la società cedente. In tal caso, cosa succede se, dopo la sentenza, il lavoratore chiede di rientrare alle dipendenze della società cedente ma questa non ripristina il rapporto di lavoro? Il Tribunale di Milano, con sentenza 2933/2025 del 1° luglio, si è pronunciato su un caso analogo a quello sopra rappresentato. In particolare, in conseguenza alla dichiarazione di nullità di una cessione d’azienda, un dipendente – il cui rapporto di lavoro era passato in capo alla società cessionaria - ha chiesto di tornare presso la società cedente la quale, però, ha omesso di ricostituire il rapporto di lavoro. Il lavoratore, quindi, ha agito in giudizio per ottenere la corresponsione di tutte le retribuzioni decorrenti dalla richiesta di ricostituzione del rapporto di lavoro con la cedente sino all’effettivo ripristino dello stesso. La società convenuta si è difesa sostenendo che il lavoratore non aveva alcun diritto a tali retribuzioni in quanto lo stesso, anche dopo la sentenza che aveva dichiarato la nullità della cessione, ha continuato a lavorare per la società cessionaria venendo regolarmente pagato e non subendo, quindi, alcun effettivo danno. Sul punto è stato richiamato un risalente orientamento giurisprudenziale ai sensi del quale, in caso di illegittimità del trasferimento d’azienda e mancato ripristino del rapporto di lavoro da parte della società cedente, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno - per responsabilità extra contrattuale - quantificato nei compensi che avrebbe percepito ove fosse stato ripristinato il rapporto di lavoro. Da tale importo deve però sottrarsi l’aliunde perceptum ossia tutte le retribuzioni percepite dal lavoratore - successivamente alla sentenza dichiarativa di nullità del trasferimento d’azienda - nell’ambito di rapporti di lavoro instaurati con soggetti diversi dalla società cedente. Il Tribunale di Milano ha però respinto tale prospettazione richiamando un più recente orientamento della Cassazione - consolidatosi successivamente al 2019 – secondo il quale, per effetto della sentenza dichiarativa dell’illegittimità del trasferimento di azienda, il lavoratore ceduto ha diritto di chiedere la ricostituzione del rapporto di lavoro con la società cedente e, ove tale richiesta non venga assolta, alla corresponsione della retribuzione che gli sarebbe spettata se il rapporto di lavoro fosse stato effettivamente ripristinato. Il pagamento delle retribuzioni assolve a un’obbligazione contrattuale e non al ristoro di un danno. È, quindi, irrilevante se il lavoratore non abbia subito danni economici avendo percepito altri compensi dalla società cessionaria. Tali importi non devono essere detratti da quanto dovuto dalla società cedente a titolo contrattuale. In definitiva, secondo il Tribunale, la retribuzione che viene corrisposta al lavoratore nell’ambito del rapporto con la cessionaria serve esclusivamente a compensare la prestazione lavorativa ma non assolve all’obbligazione contrattuale sorta in capo alla società cedente di ripristinare il rapporto di lavoro. Per quanto sopra il dipendente ha diritto di ottenere – finché il rapporto con la società cedente non venga ricostituito – ad una doppia retribuzione: la prima relativa allo svolgimento dell’attività lavorativa nei confronti della cessionaria e, la seconda, quale adempimento all’obbligazione della società cedente di ricostituire rapporto di lavoro pre-esistente alla cessione del ramo d’azienda.

Fonte: SOLE24ORE