Il tema dell’individuazione del preposto, soprattutto in contesti ad alto rischio come quello ferroviario, rappresenta uno snodo fondamentale nella gestione della sicurezza sul lavoro. L’approfondimento condotto dall’Ispettorato del lavoro chiarisce i confini normativi e applicativi relativi alla possibilità di nominare preposti tra lavoratori con ridotta anzianità di servizio o con contratti di apprendistato, anche alla luce dell’Accordo Stato-Regioni 142/2022 e della più recente giurisprudenza penale. Il Dlgs 81/2008, pur definendo il preposto all’articolo 2, comma 1, lettera e), non prescrive requisiti rigidi di anzianità o status contrattuale. La figura in questione è connotata dalla capacità di «sovrintendere all’attività lavorativa e garantire l’attuazione delle direttive ricevute», esercitando un potere di iniziativa funzionale. Tale definizione deve essere letta in sinergia con gli obblighi individuati all’articolo 19 del medesimo decreto e con la formazione specifica prevista dall’articolo 37, comma 7. È inoltre fondamentale richiamare due norme generali spesso trascurate ma centrali per la corretta individuazione del soggetto idoneo:
l’articolo 18, comma 1, lettera c), secondo cui i compiti vanno affidati «tenendo conto delle capacità e condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro salute e sicurezza»;
l’articolo 28, comma 1, che impone la valutazione dei rischi legati alla specifica tipologia contrattuale. Questi riferimenti escludono la possibilità di automatismi o reclusioni aprioristiche nella nomina del preposto. Il criterio discriminante, dunque, non è la qualifica formale del lavoratore – si pensi all’apprendista o a colui che ha meno di dodici mesi di anzianità – bensì la sua effettiva capacità, giuridica e sostanziale, di esercitare un potere impeditivo rispetto al verificarsi di eventi lesivi. La giurisprudenza penale più recente (Cassazione 6790/2024) ha esplicitamente escluso ogni automatismo che assimili la qualifica di apprendista a una condizione di inidoneità. Un simile approccio, afferma la Corte, sarebbe «illegittimo e irragionevole», in quanto si tradurrebbe in una presunzione assoluta che contrasta con i principi di effettività e adeguatezza richiesti per ricoprire ruoli di garanzia. Il preposto, infatti, è titolare di una posizione di garanzia e risponde degli infortuni subiti dai lavoratori solo se effettivamente dotato dei poteri idonei a impedire l’evento lesivo. Ne consegue che, ai fini dell’individuazione, è essenziale accertare caso per caso se il soggetto prescelto possieda realmente le competenze, l’autorevolezza e la legittimazione per esercitare la funzione. Il caso degli apprendisti: tra legittimità e prudenza. Particolare attenzione merita la figura dell’apprendista «già qualificato» ma ancora in percorso formativo. Anche in tale ipotesi, la normativa non prevede alcun divieto formale alla nomina a preposto. Tuttavia, è necessario che il soggetto disponga già di esperienza sufficiente e di poteri concreti per essere considerato legittimamente titolare della funzione. L’attenzione si sposta quindi sulla «titolarità di fatto» e non sul mero inquadramento contrattuale. È in questo contesto che gli organi di vigilanza sono chiamati a esercitare un controllo sostanziale, verificando che la designazione non sia solo formale, ma rispondente a requisiti concreti di capacità operativa, competenza tecnica e formazione adeguata. Uno degli snodi centrali nella legittimità della nomina è rappresentato dalla formazione. Non è sufficiente che il preposto abbia partecipato a un corso per assolvere agli obblighi indicati nell’articolo 37 Dlgs 81/2008: è necessario che egli abbia realmente acquisito conoscenze, abilità e consapevolezza per gestire la sicurezza sul campo. In tal senso, le verifiche degli ispettori possono includere colloqui con lo stesso preposto, i colleghi o i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, al fine di accertare l’effettività delle competenze dichiarate. La legittimità dell’individuazione del preposto in ambito ferroviario, tema affrontato dalla nota in commento – e più in generale in ogni contesto lavorativo – non si fonda su criteri astratti di anzianità o status contrattuale, ma su un accertamento sostanziale della capacità effettiva del soggetto a esercitare un ruolo di garanzia. Il principio cardine resta l’effettività: solo chi è concretamente in grado di sovrintendere, controllare e prevenire può essere legittimamente investito della funzione, a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro o dalla sua forma giuridica. È su questo equilibrio, tra flessibilità organizzativa e rigore funzionale, che si gioca la reale efficacia del sistema di prevenzione.
Fonte: SOLE24ORE