Danni superiori alla penale se il patto di non concorrenza è violato

Danni superiori alla penale se il patto di non concorrenza è violato

  • 11 Luglio 2025
  • Pubblicazioni
Un private banker, con compiti di gestione della clientela assegnata e di consulenza nella scelta degli investimenti, si era impegnato con la banca, nei 24 mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro e nell’ambito del territorio di una specifica regione, a non svolgere, ad alcun titolo, attività nella gestione di portafogli finanziari della clientela anche istituzionale, nell’intermediazione finanziaria e nel private banking e, comunque, a non porre in essere, in qualsiasi forma, azioni aventi quale effetto l’acquisizione o lo storno o il rigiro di portafoglio di clientela. Per l’obbligo di non concorrenza era stato previsto un corrispettivo ed era stata stabilita una penale, pari al doppio della retribuzione annua lorda del dipendente - fatto salvo il maggior danno - per il caso di violazione degli impegni assunti. Per tutta la durata del patto, il dipendente si era, inoltre, vincolato a fornire alla banca informazioni documentate circa la sua attività e le eventuali variazioni, con previsione, anche in tal caso, di una penale per l’ipotesi di trasgressione dell’obbligo. In un separato accordo, le parti avevano poi stabilito un prolungamento del periodo di preavviso per dimissioni (12 mesi), a fronte di un corrispettivo. Il private banker ha rassegnato le dimissioni e, subito dopo, ha iniziato a svolgere attività per un diretto concorrente della ex datrice di lavoro, nel territorio vietato dal patto. In modo sistematico ha proceduto a contattare i clienti facenti parte del suo precedente portafoglio, convincendone molti a trasferire i rapporti finanziari e i titoli presso il nuovo istituto per cui lavorava. La circostanza è stata confermata dai clienti, sentiti come testi, che hanno dichiarato di essere stati contattati dal private banker. Il Tribunale di Reggio Emilia, chiamato a decidere la domanda risarcitoria proposta dalla Banca, dopo avere confermato l’efficacia e la validità del patto, così come accertato in sede cautelare (il patto era valido perché limitato quanto alla tipologia di attività - atteso che il divieto non comprendeva tutte le attività del settore bancario - al territorio e alla durata e risultava adeguatamente remunerato), constatate le plurime violazioni degli obblighi di non concorrenza da parte del private banker, con sentenza 363/2025, ha riconosciuto alla banca il risarcimento di danni patrimoniali in misura di gran lunga superiore alla penale prevista dal patto, ovvero per oltre 4 milioni di euro. Il danno patrimoniale patito dall’istituto è stato commisurato al numero di rapporti finanziari stornati (79), al valore complessivo delle “masse” trasferite (prodotti finanziari, liquidità e finanziamenti, per oltre 100 milioni di euro), al “margine” generato da dette masse, prendendo a riferimento l’anno precedente a quello dello storno, nonché alla durata media della relazione bancaria, non inferiore a 7 anni. In aggiunta, il Tribunale ha riconosciuto il diritto della banca al pagamento della penale pattuita per il mancato assolvimento dell’obbligo di informativa e dell’indennità sostitutiva del preavviso, per non avere l’ex dipendente rispettato, a seguito delle dimissioni, il più ampio periodo di preavviso pattuito. Ha, infine, stabilito un importo risarcitorio per il danno all’immagine sofferto dalla banca sia con riferimento alla clientela del mercato che all’ambito aziendale, per l’importo di 50.000 euro.

Fonte: SOLE24ORE