Non di rado, in tema di malattia, si presentano situazioni che meritano di essere gestite con attenzione da parte degli addetti ai lavori.Tra le informazioni contenute nel certificato di malattia telematico, la data di fine prognosi – in assenza di ulteriore certificazione – costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia, assumendo un significato di rilievo da un punto di vista amministrativo-previdenziale. Sotto il profilo medico legale, tale data rappresenta un elemento “previsionale” sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi, formulato da parte del medico certificatore sulla base di un giudizio tecnico. Appare, conseguentemente, suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione. Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia. Ugualmente, nel caso di una guarigione anticipata, il lavoratore è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro. Poiché ciò non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla totalità dei lavoratori, si evidenziano di seguito alcuni aspetti importanti da tenere in considerazione. La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps (in particolare, per i lavoratori cui spetta l’indennità a carico dell’istituto). Sotto il primo profilo, è da ritenersi che, in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non possa consentire la ripresa dell’attività, in base alla normativa sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. L’articolo 2087 del Codice civile, infatti, impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’articolo 20 del Dlgs 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente l’attività rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata. Si tratta, prima di tutto, di un obbligo nei confronti del datore di lavoro, la cui inosservanza potrebbe essere passibile di contestazione disciplinare. Per quanto concerne, invece, l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, si evidenzia che lo stesso è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’istituto nei confronti del quale, con la presentazione del certificato di malattia – anche se avvenuta mediante la modalità della trasmissione telematica da parte del proprio medico curante – ha inteso instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale con conseguente possibile erogazione – in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti – della relativa indennità economica. Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’istituto. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga. Nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita. Nei giorni festivi e prefestivi, il lavoratore si deve rivolgere al medico di continuità assistenziale (ex guardia medica) per il rilascio del certificato di malattia. Questo vale sia per le malattie iniziate nei giorni festivi e prefestivi, sia per giustificare la continuazione di una malattia certificata fino al venerdì. Tale considerazione assume rilievo in quanto l’Inps riconosce la prestazione di malattia soltanto dal giorno di rilascio del certificato; il medico, per legge, non può infatti giustificare giorni di assenza precedenti alla visita ambulatoriale del paziente. Per ricoveri o accessi al pronto soccorso, il lavoratore deve richiedere alla struttura ospedaliera la certificazione del periodo di degenza e l’eventuale prognosi. Anche in questi casi, il lavoratore deve assicurarsi che l’eventuale trasmissione telematica sia stata correttamente effettuata. Se la struttura ospedaliera non può rilasciare il certificato telematico e consegna al lavoratore un certificato cartaceo, lo stesso lavoratore deve verificare che ci siano tutti i dati necessari: dati anagrafici e codice fiscale del lavoratore, diagnosi in chiaro, data di inizio della malattia, data di rilascio del certificato, data di fine prevista della malattia, tipo di certificato (inizio, continuazione o ricaduta), tipo di visita (ambulatoriale o domiciliare), residenza o domicilio abituale e domicilio di reperibilità durante la malattia. Il certificato dovrà quindi essere inviato all’Inps e al datore di lavoro seguendo le modalità previste per i certificati cartacei.
Fonte: SOLE24ORE